Alzheimer, farmaco sperimentale donanemab rallenta malattia del 35%

Salute e Benessere

Si tratta di un risultato molto rilevante nel potenziale contrasto alla patologia neurodegenerativa, ad oggi considerata incurabile. Il farmaco è un anticorpo monoclonale  che colpisce le placche di beta amiloide  che si accumulano nel cervello nei pazienti con Alzheimer

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Una nuova speranza per i malati di Alzheimer. Nei pazienti colpiti dal morbo con sintomatica precoce, il trattamento con l’anticorpo monoclonale sperimentale donanemab ha rallentato del 35% il declino cognitivo e funzionale. Lo rileva uno studio di fase III TRAILBLAZER-ALZ 2 annunciati dal colosso farmaceutico statunitense Eli Lilly che presenterà presto la richiesta di approvazione del farmaco alla Food and Drug Administration (FDA). 

 

 

Donanemab 

Il farmaco donanemab è un anticorpo monoclonale , semi-sintetico, sviluppato in laboratorio che colpisce le placche di beta amiloide, proteine “appiccicose” che si accumulano nel cervello nei pazienti con Alzheimer. Il farmaco ha raggiunto risultati incoraggianti per quanto riguarda alcune attività della vita quotidiana come la gestione delle finanze, la guida e la conversazione su fatti attuali.

 

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Lo studio

Il rallentamento del declino cognitivo è stato valutato nello studio di Fase 3 TRAILBLAZER-ALZ 2.  Si tratta di uno studio randomizzato, controllato con placebo, che ha valutato la sicurezza e l'efficacia di donanemab. In pratica ha arruolato 1.736 persone di età compresa tra 60 e 85 anni con malattia di Alzheimer sintomatica precoce, che comprende decadimento cognitivo lieve (MCI) e demenza lieve. A 12 mesi dall'avvio della sperimentazione il 47 percento dei pazienti trattati con l'anticorpo monoclonale non ha mostrato progressione della malattia. A 18 mesi nel gruppo donanemab è stato rilevato un rallentamento del declino cognitivo del 35 percento e una riduzione della capacità di compiere attività quotidiane inferiore del 40 percento rispetto al gruppo di controllo. È stato rilevato anche un rischio ridotto del 39 percento di progressione allo stadio successivo della malattia.

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