Covid e resistenza agli antibiotici, il rischio dei super batteri. LO STUDIO

Salute e Benessere

Il Covid avrebbe peggiorato la resistenza agli antibiotici. È la tesi di uno studio francese condotto dall'Istituto Pasteur e pubblicato su BioRxiv. Gli studiosi si sono concentrati sul batterio Streptococcus pneumoniae. Tramite simulazioni e modelli matematici, il gruppo di esperti suggerisce che i vari lockdown in Europa abbiano causato una diminuzione dei casi di questo batterio dal 2019 al 2020, ma che di contro, la percentuale di casi resistenti agli antibiotici sia aumentata

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Il Covid ha reso alcuni batteri così forti da poter superare le barriere alzate dagli antibiotici. È la tesi di uno studio francese condotto dall'Istituto Pasteur e pubblicato su BioRxiv.

Lo studio

Secondo la ricerca compiuta dalla dottoressa dell'Istituto Pasteur Aleksandra Kovacevic e dal suo team, il Covid (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI) ha aumentato la resistenza agli antibiotici di alcuni batteri. Gli studiosi si sono concentrati sullo Streptococcus pneumoniae, batterio che può causare polmonite e infezioni del sangue potenzialmente letali, specialmente tra i bambini molto piccoli, gli anziani e le persone fragili. Tramite simulazioni e modelli matematici, il gruppo di esperti suggerisce che i vari lockdown in Europa abbiano causato una diminuzione dei casi di questo batterio dal 2019 al 2020, ma che di contro, la percentuale di casi resistenti agli antibiotici sia aumentata. Per i ricercatori la spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che che i contagiati da Covid potrebbero essere a maggior rischio di infezioni batteriche perché la lotta contro i virus ostacola la capacità del sistema immunitario di contrastare i batteri invasivi, facendolo diventare "pigro". Le infezioni batteriche possono quindi essere trattate con antibiotici, cosa che può contribuire a far diventare i batteri resistenti ai farmaci.

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Gli scenari

I ricercatori hanno elaborato un modello matematico che includeva informazioni sull'uso di antibiotici e su come le persone interagivano durante i periodi di lockdown in tutta Europa. Negli scenari previsti, i lockdown hanno ridotto la diffusione del batterio in questione ma, in tutti i casi, l'onda di coronavirus di 90 giorni è stata collegata a un aumento della proporzione di Streptococcus pneumoniae resistente agli antibiotici, indipendentemente dal fatto che questo batterio fosse portato asintomaticamente o causasse malattie.

"Necessaria ulteriore modellizzazione su resistenza agli antibiotici"

Secondo Lulla Opatowski, componente del team che ha svolto lo studio, "tassi più elevati di batterio resistente agli antibiotici potrebbero portare a maggiori complicazioni mediche e ospedalizzazioni". Non è ancora chiaro però "se morbidità più elevate del previsto associate a Streptococcus pneumoniae resistente agli antibiotici si siano verificate effettivamente durante la pandemia in corso", precisa Scott Olesen del Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti, aggiungendo che "nonostante questa incertezza, la situazione potrebbe essere peggiore di quanto suggerisca la modellizzazione, poiché quest'ultima ha simulato solo la presenza del batterio in contesti non ospedalieri". Per lo studioso è quindi "necessaria una modellizzazione ulteriore per considerare la possibile resistenza agli antibiotici tra le persone in ospedale, che sono più a rischio di infezioni gravi e più probabili di ricevere antibiotici rispetto alla popolazione generale". Inoltre, per gli autori della ricerca, "sono necessari nuovi modelli per simulare gli effetti delle recenti varianti di Sars-Cov-2 e delle nuove modalità di circolazione del virus, libero senza le restrizioni del lockdown".

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