A Bergamo il primo trapianto di polmone da vivente in Italia

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L'intervento, uno dei primi in Europa con questa tecnica, ha visto protagonista un padre che ha donato l'organo al proprio figlio di cinque anni

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È stato eseguito all'ospedale Giovanni XXIII di Bergamo il primo trapianto di polmone da vivente in Italia. L'intervento chirurgico, estremamente delicato, viene eseguito raramente, soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti, mentre in Europa sono pochissimi i precedenti.

Il ricevente del trapianto è stato un bambino di cinque anni proveniente da un'altra regione, che ha ricevuto l'organo da suo padre. Il piccolo paziente soffre dalla nascita di talassemia, una malattia del sangue che gli ha già reso necessario un trapianto di midollo. Anche in quel caso il donatore è stato il padre.

Proprio a seguito di quell'intervento, però, il bambino ha manifestato la cosiddetta "malattia da trapianto contro l'ospite", una crisi di rigetto per cui le cellule del ricevente attaccano gli organi e i tessuti appena trapiantati perché non li riconoscono come propri. Tale complicanza ha comportato un danno grave e irreversibile alla funzionalità polmonare del paziente, che ha reso necessario agire con un trapianto.

Intervento d'avanguardia

Per evitare altri problemi di rigetto, molto più frequenti con trapianti di organi da organismi morti, i medici hanno consigliato alla famiglia di procedere con l'operazione da paziente vivente. 

L'intervento è durato in totale 11 ore ed è stato coordinato dal dottor Michele Colledan, direttore dell'Unità di Chirurgia Generale 3 dell'ospedale bergamasco. Sono state utilizzate due sale operatorie adiacenti, che hanno lavorato parallelamente: nella prima sono state compiute tutte le operazioni di prelievo del lobo polmonare del padre, mentre nell'altra i chirurghi hanno preparato il corpo del bambino a ricevere il nuovo organo. L'équipe che ha portato a termine l'operazione ha visto coinvolte diverse decine di professionisti tra chirurghi, infermieri e anestesisti.

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Attesa per l'esito

I due pazienti rimangono ricoverati in prognosi riservata, con i risultati del'intervento che si riveleranno solo tra qualche giorno. I medici si dichiarano però "fiduciosi sul decorso post operatorio, anche perché in questo caso il rischio di rigetto, particolarmente elevato per il trapianto di polmone da cadavere, è molto basso quando il sistema immunitario riconosce il nuovo organo come proprio". 

Il coordinatore dell'operazione Michele Colledan ha commentato: "L'estrema rarità di questi casi, e i limiti tecnici del trapianto da vivente, nel caso del polmone non lo rendono un'opzione terapeutica di facile applicazione. Per questo, diversamente da quanto succede per altri organi, non viene abitualmente considerata un'opzione alla portata di tutti, in grado di contribuire efficacemente all'abbattimento delle liste d'attesa. L'intervento segna comunque per il nostro ospedale una tappa importante in un percorso di crescita dell'attività trapiantologica quasi quarantennale".

Il direttore del Centro Nazionale per i Trapianti Massimo Cardillo ha invece sottolineato come il trapianto effettuato a Bergamo dimostri "ancora una volta il livello di eccellenza della trapiantologia italiana". Cardillo ha infine evidenziato il valore simbolico del fatto che questa operazione d'avanguardia sia avvenuta in una delle città maggiormente colpite dal Covid e da tutti le sue conseguenze sanitarie, proprio a danno dei polmoni.

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