Cervello: il suo segreto è nelle connessioni, più che nelle aree. Lo studio

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Perché, e come, il cervello varia da individuo a individuo? A spiegarlo è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica "Science"

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Da sempre l’uomo si chiede come, e perché, il cervello umano vari da individuo a individuo, funzionando in maniera diversa. A proporre un nuovo modello, è uno studio pubblicato su Science, che evidenzia che a fare la più grossa differenza tra un cervello e un altro non sono le sue singole regioni, ma la rete di connessioni fra quest’ultime.

Cosa dice lo studio

 

Tutti abbiamo sentito almeno una volta la storia che l’emisfero destro del nostro cervello è deputato alla creatività, mentre il sinistro al pensiero razionale. I ricercatori definiscono questa storia ‘un mito' che deriva da una visione 'classica' di come funziona il nostro cervello, ovvero, basata sull'idea che l’uomo ha diverse regioni cerebrali tutte con una funzione specifica. In realtà questa visione, da sola, non riuscirebbe a spiegare le differenze tra individuo e individuo. "Ognuno ha un cervello diverso, che non è per niente come quello che conosciamo dai libri di testo", ha spiegato una delle autrici dello studio, la neuroscienziata Stephanie Forkel, della Radboud University di Nimega, in Olanda. Secondo la nuova ricerca, la funzione cerebrale non sarebbe localizzata nelle singole regioni del cervello, ma emergerebbe dallo scambio tra queste. 

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Parola agli esperti

 

Per comprovare la loro teoria, i ricercatori hanno fornito alcuni esempi. Nel linguaggio, "il risultato è maggiore di una semplice somma delle parti. Per comunicare, devi comprendere rapidamente ciò che viene detto, considerare le intenzioni emotive di chi sta parlando. Se il cervello funzionasse in modo modulare, non consentirebbe di fare tutti questi diversi calcoli in così poco tempo". Questa ‘teoria della rete’ sarebbe supportata anche dalle tecniche di neuroimaging, ovvero un insieme di strumenti tecnologici e di procedure sperimentali per la visualizzazione del cervello in vivo, che hanno dimostrato che non sempre le lesioni cerebrali corrispondo alla mappa classica dell’encefalo. "Ci sono pazienti con lesioni cerebrali senza sintomi o sintomi che non ti aspetteresti. In uno studio, abbiamo esaminato in che modo le lesioni hanno influenzato l'intera rete cerebrale e abbiamo dimostrato che potremmo utilizzare il nuovo modello per prevedere quali sintomi presentavano i pazienti o quali sintomi avrebbero sviluppato in seguito", ha concluso Forkel.

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