Circa il 30% dei casi, inclusi quelli refrattari alle attuali terapie, potrebbero trovare beneficio dall'uso di farmaci mirati ai meccanismi di risposta al danno del Dna all'interno delle cellule tumorali. A indicarlo è una nuova ricerca condotta dall'Irccs di Candiolo
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Verso nuove e più efficaci terapie contro i tumori del colon-retto. Un nuovo studio dell'Irccs di Candiolo, Torino, ha dimostrato che circa in un caso su tre, inclusi i tumori più aggressivi e refrattari alle attuali terapie a bersaglio molecolare, potrebbero trovare beneficio dall'uso di farmaci mirati ai meccanismi di risposta al danno del Dna all'interno delle cellule tumorali. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista dell'American Academy of Cancer Research.
Sistemi di riparazione del Dna "tallone d’Achille" delle cellule tumorali
Come spiegato dai ricercatori, tutte le cellule hanno meccanismi che riparano il Dna quando viene danneggiato da stress esterni, quali quelli provocati da sostanze chimiche o agenti fisici. "Questo processo è ancora più importante nei tumori, dove alcuni di questi sistemi di riparazione del Dna sono difettosi ed è perciò indispensabile che quelli ancora funzionanti possano portare avanti la loro attività per permettere al tumore di "sopravvivere"", ha riferito Sabrina Arena, tra gli autori dello studio. "Tali sistemi conferiscono ai tumori una maggiore aggressività ma si possono rivelare un "tallone d'Achille" e un ottimo bersaglio molecolare, perché se vengono zittiti le cellule tumorali soccombono ai danni al Dna", ha aggiunto.
Lo studio nel dettaglio
Nel corso dello studio, realizzato grazie al contributo della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro (Fprc) e della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, il team di ricerca ha effettuato uno screening farmacologico utilizzando principi attivi mirati contro proteine coinvolte nei sistemi di riparazione del Dna. "I dati mostrano che circa il 30% dei casi, inclusi quelli refrattari alle attuali terapie, potrebbe rispondere ad almeno uno di questi farmaci di nuova generazione", ha riferito Alberto Bardelli, coautore dello studio. "È importante sviluppare nuove metodologie diagnostiche che consentano di identificare chi potrebbe beneficiare di questo tipo di terapie, per le quali sono già in corso studi clinici per dimostrarne la reale efficacia sui pazienti", ha concluso Bardelli.