Una dieta a basso indice glicemico aiuta a prevenire il diabete. Lo studio

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A indicarlo uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr di Avellino su 160 persone in sovrappeso, a rischio di sviluppare la malattia

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Un recente studio condotto dai ricercatori dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr di Avellino ha dimostrato che una dieta con un basso indice glicemico potrebbe contribuire a prevenire il diabete di tipo 2 nelle persone in sovrappeso, a rischio di sviluppare la malattia. I risultati dello studio, condotto in collaborazione con l’Unità diabete, nutrizione e metabolismo dell’Università Federico II di Napoli e le Università di Purdue, negli Usa, e Chalmers, in Svezia, sono stati pubblicati sulle pagine della rivista specializzata Nutrients.

Lo studio nel dettaglio

La ricerca ha coinvolto 160 persone in sovrappeso, a rischio di sviluppare il diabete, reclutate nei tre centri universitari in Italia, Svezia e Usa. Ai partecipanti è stata assegnata in modo casuale una dieta con alimenti a base di cereali con diverso indice glicemico per un periodo di tre mesi. “Come avevamo ipotizzato, il profilo glicemico giornaliero, misurato mediante prelievi effettuati ogni ora prima e dopo la colazione e il pranzo fino al tardo pomeriggio, aumentava dopo tre mesi di dieta con gli alimenti ad alto indice glicemico, mentre rimaneva inalterato in coloro che erano stati assegnati alla dieta a basso indice glicemico. La differenza più marcata tra i due gruppi si registrava per la risposta glicemica dopo il pranzo, che alla fine dell’esperimento era pressoché dimezzata nel gruppo con dieta a basso indice glicemico”, ha riferito Giuseppina Costabile, ricercatrice dell’Università Federico II e coautrice dello studio.

I risultati

I risultati emersi, secondo i ricercatori, potrebbero aiutare a valutare il possibile impatto dell'alimentazione su altri biomarcatori rilevanti per lo stato di salute.
"I numerosi dati raccolti in questo studio saranno utilizzati per comprendere meglio le interazioni tra la dieta, la flora batterica intestinale e il profilo dei metaboliti plasmatici, al fine di interpretare le differenze interpersonali nella risposta glicemica alla dieta, nella prospettiva di una nutrizione di precisione”, ha concluso Giacco.

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