Lo ha ipotizzato la virologa, intervistata dal “Corriere della Sera”. Confermando che, ad oggi, non esiste un vaccino contro la malattia virale che colpisce suini e cinghiali e che, nel nostro Paese, è stata già rilevata in Piemonte, Liguria e Lazio. Il rischio, per l’uomo, ha precisato Capua, è comunque pari a “zero”
“Il virus non passa all’uomo, ma non c’è vaccino. Se entrasse nel settore suinicolo, saremmo costretti a misure come il lockdown degli animali e ad un blocco dell’export dei prodotti. Sarebbe un disastro, perché vorrebbe dire bloccare tutta la filiera, posti di lavoro”. Così la virologa Ilaria Capua, intervistata dal “Corriere della Sera”, ha fatto il punto della situazione a proposito della peste suina che, in Italia, sta coinvolgendo tre Regioni, ovvero Piemonte, Liguria, Lazio.
“Rischio zero per l’essere umano”
La Peste suina africana (PSA), come rileva anche il Ministero della Salute, “è una malattia virale che colpisce suini e cinghiali. Altamente contagiosa e spesso letale per gli animali, non è, invece, trasmissibile agli esseri umani”. Nel nostro Paese, come detto, sono stati rilevati 117 casi, di cui 71 in Piemonte e 46 in Liguria, riscontrati nel territorio di 29 comuni, e 6 a Roma, con abbattimenti selettivi dei cinghiali già programmati. “L’Italia non poteva pensare di rimanerne fuori: questo virus circola da diversi anni in Europa centrale, nelle repubbliche baltiche, in Polonia, Russia e Cina. E se vai a vedere i numeri in Cina, il maggior consumatore di carne suina al mondo, l’effetto è stato devastante. Se entrasse nella filiera del suino in Italia sarebbe un colpo durissimo”, ha stimato Capua, spiegando i risvolti dell’epidemia anche relativamente al nostro Paese. “Il rischio è zero per l’essere umano. Non si trasmette all’uomo né per via diretta (contatto), né indiretta (con gli alimenti). È un virus molto selettivo. Una sorta di virus esigente, tutt’altro che di bocca buona: infetta esclusivamente i suidi (maiali, cinghiali, facoceri) e nessun’altra specie. Ma proprio questa sua caratteristica è anche un grave problema”, ha poi sottolineato la virologa.
La mancanza di un vaccino e l'ipotesi lockdown degli animali
Al momento però, ha continuato Capua, un vaccino come “nel caso della peste suina, proprio per questa sua incredibile selettività, non esiste. O meglio: non siamo riusciti a produrre un vaccino che abbia livelli di efficacia e sicurezza tali da poterlo mettere in commercio”, ha detto ancora. Questa carenza, qualora il virus penetrasse nel settore suinicolo, potrebbe anche prevedere una sorta di lockdown degli animali, con il conseguente rischio legato al blocco di tutta la filiera. “Se non hai un vaccino è molto difficile controllare la malattia e la sua circolazione. Una volta che è arrivato all’interno di una popolazione recettiva potrebbe esplodere”, ha proseguito l’esperta. La peste suina, ha poi concluso, “è una malattia che non vuole nessun Paese. Forse anche per questo non si avverte l’allarme che si nasconde dietro la notizia più di colore, i cinghiali tra i cassonetti. Abbiamo già l’infezione in tre regioni: Piemonte, Liguria, Lazio. La prima cosa da fare è capire se c’è un legame”, ha commentato ancora.