Cani, inchini e "sorrisi" nel gioco: nuovi dettagli sul loro linguaggio

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Un nuovo studio condotto da un team di etologhe dell’Università di Pisa ha fatto luce sul significato di due segnali molto comuni emessi dagli amici a quattro zampe durante il gioco

 

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Un nuovo studio condotto da un team di etologhe del dipartimento di biologia dell’Università di Pisa fa luce sul linguaggio dei cani nei momenti di gioco, e in particolare su due segnali molto comuni: l'inchino e il "sorriso" o faccia da gioco. Il primo serve per incitare al gioco; il secondo, invece, per rassicurare nel caso di azioni potenzialmente ambigue come morsi o spinte. I risultati sono stati pubblicati sulle pagine delle riviste Current Zoology e Animal Behaviour.

Lo studio sul cane lupo Cecoslovacco

Nel corso delle studio, incentrato su una specifica razza, il cane lupo Cecoslovacco, le studiose hanno analizzato oltre 15 ore di video con protagonisti amici a quattro zampe in momenti di gioco. Sono così riuscite a individuare 822 "sorrisi" o facce da gioco e 76 inchini, che sono stati poi analizzati in modo estremamente dettagliato.

Il significato del "sorriso"

In particolare, come spiegato in una nota dell'ateneo pisano, la faccia da gioco è un'espressione facciale caratterizzata dall'apertura rilassata della bocca simile al sorriso umano e a quello di numerose specie di scimmie: un segnale che per i cani "ha la stessa funzione che per noi hanno gli smile quando scriviamo un messaggio di testo che potrebbe essere frainteso".

Perché i cani si inchinano nei momenti di gioco

L'inchino, invece, è una postura che coinvolge tutto il corpo dell'animale e viene eseguito quando il compagno di gioco comincia a perdere interesse, per risvegliare la voglia di giocare. "Il cane è uno dei più popolari, se non il più popolare, tra gli animali da compagnia, e chiunque ne possieda uno è interessato a capirne il linguaggio. Grazie a questi studi si possono comprendere, un tassello alla volta, i raffinati segnali comunicativi che questi animali hanno sviluppato nel corso della loro storia evolutiva per comunicare con i propri simili e con noi", ha spiegato la professoressa Elisabetta Palagi, coordinatrice dello studio.

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