Diabete, i virus herpes possono aumentare il rischio di ammalarsi: lo studio

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Lo ha sottolineato uno studio condotto dagli esperti dell'Università Ludwig-Maximilians e Helmholtz di Monaco che ha analizzato i dati sanitari di 1967 pazienti, tutti sottoposti a esami medici tra il 2006 ed il 2008 e di nuovo tra il 2013 ed il 2014

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Due tra i più comuni virus appartenenti al gruppo degli “herpes” possono aumentare il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 nei soggetti che ne sono infetti. Lo ha sottolineato una ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Diabetologia”, coordinata da Tim Woelfle dell'Università Ludwig-Maximilians e Helmholtz di Monaco.

Le tipologie di virus herpes  

Come spiegato dai ricercatori, gli herpes rappresentano alcuni tra i virus più diffusi nell'uomo. Sono otto i tipi attualmente conosciuti, ovvero l’herpes simplex virus (HSV) 1 e 2, il virus della varicella-zoster (VZV), il virus di Epstein-Barr (EBV), il citomegalovirus (CMV) e l’herpesvirus umani (HHV) 6, 7 e 8. Tutti possono causare infezioni che risultano latenti a vita dopo l'infezione primaria iniziale, di solito di lieve entità se non anche asintomatica. Secondo le stime, il diabete di tipo 2 riguarda circa il 9,3% della popolazione mondiale e, tra i differenti fattori di rischio noti, vengono annoverati l'obesità, la sedentarietà e il fumo. Ma, proprio di recente, è stata suggerita la possibilità che anche alcune infezioni possano influire sul rischio di ammalarsi.

Le analisi sui dati sanitari di 1967 pazienti

Su questa base si è mossa questa ricerca che ha analizzato i dati sanitari di 1967 pazienti, tutti sottoposti a esami medici tra il 2006 ed il 2008 e di nuovo tra il 2013 ed il 2014. Tra questi esami sono stati contemplati test per la presenza di herpesvirus, la glicemia e la misurazione dell'emoglobina glicata, una misura relativa al controllo della glicemia a lungo termine. Dai risultati dello studio è emerso come il diabete sia stato rilevato nell'8,5% dei partecipanti all'inizio dello studio e nel 14,6% al momento del follow-up. Tra i 1257 partecipanti con normale tolleranza al glucosio all'inizio dello studio, 364 hanno sviluppato il prediabete e 17 il diabete durante il periodo di monitoraggio pari a 6,5 anni. Inoltre, le analisi del sangue eseguite all'inizio dello studio hanno segnalato che il virus di Epstein-Barr, quello della mononucleosi, risultava l'herpesvirus più diffuso, con il 98% del campione positivo, seguito da HSV1 (88%), HHV7 (85%), VZV (79%), CMV (46%), HHV6 (39%) e, infine, HSV2 (11%). Al termine delle analisi i partecipanti sono risultati positivi ad una media di 4,4 herpesvirus all'inizio e di 4,7 al follow-up.

Il rischio di prediabete

Dallo studio è stato possibile comprendere anche come i soggetti affetti da HSV2 avessero il 59% di probabilità in più di sviluppare il prediabete (una grave condizione di salute che si verifica quando i livelli di zucchero nel sangue sono più alti del normale, ma non sufficientemente alti da poter diagnosticare il diabete di tipo 2), rispetto a coloro che erano sieronegativi, mentre l'infezione da CMV è stata associata ad un aumento del 33% dell'incidenza di prediabete. I ricercatori, infine, hanno sottolineato come sia l'HSV2, sia il CMV abbiano contribuito allo sviluppo del prediabete, anche dopo aver considerato tutti gli altri fattori di rischio già conosciuti per il diabete. L'HSV2, tra l’altro, è stato associato anche a livelli peggiori di emoglobina glicata. Secondo gli studiosi, però, i meccanismi con cui questi virus possono contribuire allo sviluppo del diabete restano ancora da chiarire. Sia HSV2 che CMV, hanno spiegato gli esperti, causano infezioni croniche che potrebbero modulare il sistema immunitario stimolando o, addirittura, sopprimendo la sua attività, che a sua volta può influenzare la funzione del sistema endocrino.

Operativo 7 giorni su 7 e 24 ore su 24. Al suo interno, attualmente, vengono refertati con risultati tra le 24 e le 36 ore quotidianamente circa 1200 tamponi molecolari; con per un potenziale, praticamente doppio, di 3mila test giornalieri. Sono i numeri che raccontano, in estrema sintesi, la "potenza di fuoco" del laboratorio analisi di biologia e microbiologia molecolare dell'ospedale di Piacenza. Un presidio cruciale per la lotta al covid, ma non solo, i cui spazi sono stati recentemente riqualificati e potenziati. ANSA/US AUSL PIACENZA +++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++

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