Malattie infiammatorie intestinali, un biomarcatore potrebbe guidare la scelta del farmaco

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A indicarlo i risultati di un nuovo studio coordinato dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e dall'Università del Salento

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Un nuovo studio coordinato dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e dall'Università del Salento apre la strada a un nuovo approccio nella scelta dei farmaci per il trattamento dei soggetti con malattia infiammatoria intestinale. Il team di ricerca ha dimostrato che in molti dei pazienti con questa patologia, alti livelli nel sangue della proteina interleuchina 1 beta possono indicare la mancata efficacia dei trattamenti comunemente utilizzati in questa patologia e quindi indirizzare verso una terapia alternativa. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Cellular Molecular Gastroenterology and Hepatology.

Lo studio nel dettaglio

Come spiegato in una nota del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, sono almeno 250mila gli italiani affetti da una malattia infiammatoria intestinale in Italia. Le terapie comunemente impiegate per il loro trattamento sono i farmaci biologici anti-TNF, a cui tuttavia non risponde o smette di rispondere dopo un breve periodo tra il 20 e il 40% dei pazienti. "Utilizzando un approccio combinato tra analisi cliniche e modelli sperimentali, i risultati dello studio hanno individuato una sottopopolazione di non responder agli anti-TNF, caratterizzati da alti livelli di interleuchina 1 beta (IL-1β), una proteina infiammatoria estremamente potente", ha spiegato Loris Lopetuso, uno dei coordinatori dello studio.

Risultati promettenti con farmaco anakinra

Nella seconda parte dello studio, in test su modelli animali, il team di ricerca ha dimostrato l'efficacia contro le malattie intestinali di un farmaco anti-interleuchina-1 (anakinra), che, tuttavia, al momento, non è approvato per queste patologie. "Abbiamo comunque già a disposizione una serie di terapie biologiche alternative agli anti-TNF", ha precisato Lopetuso. "Il nostro studio dimostra l'importanza di ricercare fattori predittivi di risposta alla terapia biologica e fa segnare un passo avanti nella direzione della medicina personalizzata e di precisione", ha concluso il direttore del dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche del Gemelli Antonio Gasbarrini.

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