
Covid19, variante Xe: dai sintomi alla contagiosità, cosa sappiamo
Studiosi ed esperti continuano a monitorare questo nuovo "ibrido" scoperto per la prima volta nel Regno Unito. Da allora sono stati raccolti alcuni dati, ma per avere qualche certezza bisognerà aspettare ancora

Sono passati quasi tre mesi da quando nel Regno Unito è stata scoperta per la prima volta la variante ricombinante Xe. Viene così definita perché è il risultato della ricombinazione di due diverse sottovarianti di Omicron, pare BA.1 e BA.2. Come ha spiegato Angelo Boccia, che fa parte del gruppo di Bioinformatica del centro, “un evento di ricombinazione di questo tipo può verificarsi quando un individuo viene infettato da due o più varianti contemporaneamente e, attraverso lo scambio di materiale genetico, viene a crearsi una versione ibrida del genoma del virus”
GUARDA IL VIDEO: Covid, OMS: variante XE farebbe parte della famiglia OmicronNel caso di Xe, ha spiegato l’esperto, gran parte del suo genoma, compreso il gene S, deriva da BA.2. Come ha rilevato l’Agenzia per la Sicurezza Sanitaria del Regno Unito (UKHSA), Xe ha anche tre mutazioni che non sono presenti né in BA.1 né in BA.2
Covid, nel Regno Unito scoperta nuova variante Xe
La comparsa di Xe non ha sorpreso gli esperti. Come ha detto il virologo Francesco Broccolo, “il virus si ricombina perché, in un momento in cui la circolazione del virus è alta, più infezioni possono coesistere in un unico individuo, ricombinandosi". L’esperto ha anche spiegato che "una variante ha sempre la stessa sequenza che la distingue, mentre delle ricombinazioni non si sa se sono tutte uguali, né si conosce la loro patogenicità, né la reale nicchia ecologica: sono tentativi di ricombinazione che non hanno generato una variante"
Covid, nel Regno Unito aggiornata la lista dei sintomi. Si monitora la variante Xe
Al momento, non si hanno ancora molte informazioni su Xe. Come ha spiegato Susan Hopkins, chief medical advisor della UKHSA citata dal Time, “non ci sono prove sufficienti per trarre conclusioni sulla trasmissibilità, la severità e l’efficacia dei vaccini” relativamente a Xe
What to Know About the XE Variant, l'articolo del Time
L’Organizzazione mondiale delle sanità stima che possa essere del 10% più contagiosa di BA.2, ma fa sapere che il numero richiede ulteriori conferme. Per quanto riguarda i sintomi, dati utili arrivano invece dal Regno Unito dove Xe è stata scoperta per la prima volta ed è stato aggiornato l’elenco dei sintomi del coronavirus negli adulti
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Oltre a febbre, tosse continua e perdita di olfatto e gusto, nella lista sono stati inseriti anche fiato corto, sentirsi stanchi o esausti e la sensazione di corpo dolorante. E ancora mal di testa, gola infiammata, naso chiuso o che cola, perdita d'appetito e diarrea. Come specificano gli esperti i sintomi possono essere molto simili a quelli di influenza e raffreddore. Potrebbe essere quindi più complicato di una volta capire se si è stati infettati

Anche rispondere alla domanda se Xe sia più pericolosa è complicato. Secondo Andrew Badley, un professore di malattie infettive alla Mayo Clinic citato dal Time, “per farla semplice: se sei vaccinato e in buona salute non dovresti allarmarti. Se non sei vaccinato e hai comorbidità, ci sono ragioni per preoccuparsi”

Scendendo ancora più nel dettaglio, l’esperto ha detto: “Sappiamo che i vaccini proteggono dalla malattia sintomatica dovuta a BA.1 e BA.2 e abbiamo ogni ragione per immagine che le strategie di vaccinazione proteggeranno anche dalla malattia sintomatica causata da Xe”. Badley ha anche detto che BA.1 e BA.2 possono sfuggire ad alcune terapie con gli anticorpi monoclonali quindi è possibile che accada qualcosa di simile con Xe, ma ce ne sono altre che potrebbero funzionare
Secondo il presidente dell’Agenzia italiana del Farmaco, Giorgio Palù, "non dobbiamo temere le ricombinazioni dei virus appartenenti a sotto-varianti dello stesso ceppo, come è il caso di quella denominata Xe". "Sono scambi genetici di due virus delle sotto-varianti di Omicron, BA1 e BA2, che infettano la stessa cellula e si scambiano pezzetti di geni fino a creare un nuovo virus, non pericoloso in quanto riconosciuto dal nostro sistema immunitario”

Palù ha anche detto che “la ricombinazione avviene in soggetti sani, magari già vaccinati” e “che i virus ricombinanti sono identici per il 99% alla variante Omicron in circolazione, che ha un indice di contagiosità altissimo, pari a quello del virus del morbillo"

Ciò che allarma l’esperto è l'eventuale comparsa di “nuove varianti che hanno acquisito mutazioni diverse da quelle conosciute, replicandosi in individui con il sistema immunitario indebolito, come i pazienti immunodepressi. Infettandosi, queste persone ospitano per mesi il virus nel loro organismo non riuscendo a debellarlo. È in queste condizioni che il Sars-CoV-2 può cambiare e costituire una nuova insidia"