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Covid, entro metà anno in arrivo nuovi farmaci: il punto su Nature

Salute e Benessere
©IPA/Fotogramma

Visti i numerosi studi di sperimentazione portati avanti in questi mesi, a livello globale, è possibile che entro il primo semestre dell’anno siano disponibili nuovi farmaci anti-Covid, destinati anche al trattamento delle infezioni meno gravi. A fare il punto della situazione, in un approfondimento pubblicato sulla rivista “Nature”, Lawrence Tabak, direttore ad interim del National Institutes of Health negli Usa

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I numerosissimi studi compiuti in questi mesi sul Covid-19 potrebbero condurre presto allo sviluppo di nuovi farmaci, alcuni dei quali destinati anche al trattamento delle infezioni meno gravi. Questo lo scenario delineato in un articolo pubblicato sulla rinomata rivista “Nature”, in cui vengono riprese le ricerche ed i trattamenti sperimentali messi in atto per contrastare la pandemia di coronavirus.

Il programma americano “Activ”

In particolare, l’attenzione è stata posta sul cosiddetto programma “Activ”, coordinato dal National Institutes of Health (NIH) americano, che negli ultimi due anni ha compreso oltre 30 diversi studi, 13 dei quali in corso, condotti allo scopo di individuare farmaci efficaci scegliendoli a partire da oltre 800 candidati iniziali. Tra questi ci sono farmaci pensati per contrastare direttamente il virus, altri sviluppati per contrastare i sintomi del Covid-19 e altri ancora messi a punto per ridurre il rischio di coaguli di sangue.  E molti degli studi relativi dovrebbero generare risultati entro la prima metà dell'anno. A fare il punto della situazione ci ha pensato Lawrence Tabak, direttore ad interim del National Institutes of Health, concentrandosi solo su alcune tra le numerose ricerche a livello globale orientate alla scoperta di nuovi potenziali trattamenti. “Indipendentemente dall'esito dei risultati delle singole sperimentazioni, il 2022 dovrebbe fare chiarezza sul modo migliore per affrontare il Covid-19. I prossimi tre o quattro mesi potrebbero essere molto entusiasmanti da questo punto di vista”, ha riportato. “Anche le ricerche sui farmaci che mostrano una scarsa efficacia, infatti, possono rivelare informazioni importanti sui principi da non utilizzare e scremare l'insieme di composti considerati potenzialmente utili”, ha riferito ancora.

Dal Remdesivir agli anticorpi di AZ

“I nuovi farmaci potrebbero anche essere essenziali nei casi in cui il vaccino è meno efficace”, ha spiegato invece Taher Entezari-Maleki, dell'Università di Scienze Mediche di Tabriz, in Iran, “ad esempio contro le nuove varianti”. Facendo un quadro della situazione, Nature sottolinea come a metà del 2020, gli scienziati abbiano scoperto che uno specifico steroide, il “desametasone” abbia dimostrato di poter ridurre le risposte immunitarie eccessive, limitando il rischio di sintomatologia grave e di morte. Tra i farmaci presi in considerazione c’è poi l’antivirale Remdesivir, fino a poco tempo fa destinato alle persone ospedalizzate a causa del Covid-19.  E lo scorso gennaio, la Food and Drug Administration (FDA) americana aveva concesso al Remdesivir l’uso per il trattamento ambulatoriale di pazienti ad alto rischio. Numerose aziende, quindi, si sono dedicate allo sviluppo di anticorpi monoclonali, versioni prodotte in serie degli anticorpi neutralizzanti che il sistema immunitario produce per contrastare il virus. Ad oggi, più di 200 anticorpi monoclonali sono in fase di sviluppo o di utilizzo e tra questi c’è la combinazione di due anticorpi, prodotta da AstraZeneca, e commercializzata come “Evusheld”, che può essere somministrato con un'iniezione intramuscolare ed è stato autorizzato dalla FDA per la prevenzione di Covid-19 nelle persone ad alto rischio di esposizione.

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I farmaci di uso non ospedaliero

Poi l’attenzione degli scienziati si è rivolta anche verso farmaci che potessero essere utilizzati anche in ambienti non ospedalieri per il trattamento di malattie più lievi, nell’ottica di ridurre il rischio di ospedalizzazione o il peggioramento dei sintomi. Alla fine del 2021, per esempio, sono stati approvati Molnupiravir e Paxlovid, due trattamenti antivirali orali che possono essere assunti se ci si cura in casa. “Nessuna di queste soluzioni è una panacea”, ha spiegato Josè Carlos Menendez Ramos, studioso presso l'Università Complutense di Madrid. E, secondo l’esperto, “il molnupiravir potrebbe provocare mutazioni nel Dna umano, tanto che i regolatori hanno sconsigliato di prescriverlo alle donne in gravidanza”. Questo, per sottolineare come ci sia comunque “ancora molta strada da fare prima di ottenere un farmaco efficace in ogni situazione. Ci sono diversi antivirali che prendono di mira diversi processi fondamentali per il virus, ma alcuni potrebbero essere tossici e necessitano di ulteriori approfondimenti”.

L’ottimismo degli esperti per i prossimi mesi

Infine, ecco cosa potrebbe prospettare ancora il mercato. “Circa 40 candidati antivirali e 180 molecole sono in via di sviluppo”, ha spiegato Chengyuan Liang, della Shaanxi University of Science and Technology di Xi'an, in Cina. Si parla, in particolare, “di sostanze che ostacolano la riproduzione del virus”. Tra queste, l'alternativa su cui ci sono più aspettative è “S-217622, prodotto da Shionogi a Osaka, in Giappone, che si trova attualmente in fase di sperimentazione clinica avanzata”. Altri farmaci antivirali, poi, sono attualmente in fase di sviluppo e si focalizzano, per esempio, sulle proteine umane di cui il virus si serve per penetrare nelle cellule umane. In questa classe rientra la plitidepsina, che prende di mira la proteina umana eEF1A, importante per la replicazione di diversi agenti patogeni virali. “Gli sviluppatori di farmaci devono ancora affrontare molte sfide legate al trattamento di Covid-19 e condurre una sperimentazione in una pandemia è complicato, perchè possono emergere nuove varianti virali potenzialmente in grado di cambiare lo spettro dei sintomi, la gravità della malattia e la fascia di soggetti più a rischio”, ha concluso Tabak. “C'è ancora molto da sperimentare, ci sono diverse possibili soluzioni, non possiamo prevedere quali terapie in corso di valutazione potranno portare ai risultati maggiormente positivi. Ma siamo ottimisti per i prossimi mesi”, ha detto ancora.

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