Tumori, un protocollo per la gestione della nefrotossicità da immunoterapia

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Ideato dall'azienda ospedaliero-universitaria Senese, offre ai medici indicazioni precise su come gestire eventuali effetti collaterali della terapia in modo da ottimizzare la gestione clinica del paziente oncologico

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L'azienda ospedaliero-universitaria Senese ha messo a punto un protocollo di diagnosi e trattamento multidisciplinare per la gestione della tossicità nefrologica causata da trattamenti oncologici immunoterapici. Il documento è frutto di uno studio che, oltre a sottolineare l'importanza della gestione multidisciplinare del paziente oncologico, offre ai medici indicazioni precise su come gestire eventuali effetti collaterali della terapia in modo da ottimizzare la gestione clinica del paziente oncologico.
La ricerca, pubblicata sulle pagine della rivista specializzata Journal of Immunotherapy, è stata condotta dalla professoressa Annamaria Di Giacomo (oncologo medico responsabile del programma sperimentazioni cliniche di fase I/II del Centro di immunoncologia diretto dal professor Michele Maio), insieme ai nefrologi Guido Garosi, direttore Uoc nefrologia, dialisi e trapianto e Andrea Guarnieri, all'anatomo-patologo Sergio Tripodi e ad altri professionisti.

Cos'è la nefrotossicità immuno-correlata

Come spiegato in una nota dell'Aou di Siena da Di Giacomo, la nefrotossicità immuno-correlata  "è un evento avverso raro, acuto e potenzialmente fatale, che, al contrario delle tossicità legate ai trattamenti chemioterapici e target a cui da oncologi medici siamo abituati da anni nella nostra pratica quotidiana, può verificarsi in caso di terapia con inibitori dei checkpoint immunitari, utilizzando specifici farmaci immunoterapici tra cui l'anti-PD1 e PDL1 e l'anti CLA4, da soli o in combinazione".

Lo studio su 501 pazienti

Nel corso dello studio, condotto su 501 pazienti sottoposti a trattamenti immunoterapici, 6 hanno presentato un fenomeno di nefrotossicità acuta. La biopsia renale ha mostrato una nefrite tubulo-interstiziale con caratteristiche simili a quella che si può osservare in caso di rigetto acuto del trapianto di rene. Per questo, "grazie ad un lavoro multidisciplinare abbiamo messo a punto una terapia simile a quella anti-rigetto per i trapianti di rene, in modo da controllare l'infiammazione dell'organo evitando che essa si complichi alterandone la funzionalità", ha spiegato la coordinatrice del team di ricerca. "È molto importante mettere a punto dei protocolli di trattamento specifici anche per gli effetti collaterali della terapia, ancor più alla luce delle sempre più efficaci combinazioni terapeutiche che associano la chemioterapia all'immunoterapia, nelle quali possono cumularsi le tossicità derivanti dai singoli farmaci utilizzati in associazione", ha concluso il professor Michele Maio.

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