Galli a Sky TG24: “Paxlovid utile a prevenire l'evoluzione negativa della malattia”

Salute e Benessere

Lo ha detto, ospite di “Timeline”, l’ex direttore del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano. Secondo il professore l’utilizzo del farmaco antivirale contro il Covid, prodotto da Pfizer, “è un’arma in più utile a prevenire l’evoluzione negativa di un processo infettivo delle prime vie respiratorie”, ma diventa “futile” se utilizzato “dopo un certo numero di giorni dalla comparsa del sintomo o dal riscontro dell’infezione”

L’arrivo di un farmaco antivirale contro il Covid-19 “è un’ottima cosa, è un’arma in più. Però attenzione, perché è un’arma in più utile a prevenire l’evoluzione negativa di un processo infettivo delle prime vie respiratorie, com’è, all’inizio, ogni infezione da coronavirus”. Lo ha detto, intervenendo a “Timeline”, in onda su Sky TG24, Massimo Galli, ex direttore del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, in riferimento al Paxlovid, il farmaco anti-Covid, da assumere per via orale, prodotto da Pfizer e recentemente approvato dall’Agenzia Europea del Farmaco (Ema).

Quando il farmaco diventa “futile”

Secondo Galli, infatti, “non è più utile, ma diventa futile utilizzarlo dopo un certo numero di giorni dalla comparsa del sintomo o dal riscontro dell’infezione, e questo perché arriverebbe troppo tardi in quanto il virus ha già fatto il cammino che doveva fare, si è replicato un numero di volte che era necessario che si replicasse ed è andato, magari, ad infastidire il polmone”, ha proseguito l’esperto. Arrivati a quel punto, infatti, “il Paxlovid, così come gli anticorpi monoclonali e il Molnupiravir, altro farmaco che può essere utilizzato in questo contesto, non hanno più ruolo, non hanno più funzione”, ha ribadito.

L’utilizzo nei primi sette giorni di infezione

Nell’ambito dell’utilizzo del farmaco, Galli ha fatto altre precisazioni. “Abbiamo, in realtà, vari possibili approcci che riguardano le persone con fattori di rischio per l’evoluzione negativa della malattia, come ad esempio una persona anziana, una persona con il diabete, una persona fortemente sovrappeso, una persona con una broncopneumopatia cronica”, ha sottolineato. “C’è un lungo elenco di condizioni che abilitano al trattamento, sempre nell’arco dei primi sette giorni di infezione: oltre non serve nulla di tutto questo, questa cosa deve essere chiara”, ha sottolineato il professore, perché “di questo farmaco se ne fa un uso molto preventivo all’evoluzione della malattia, nei primissimi giorni di infezione”. Purtroppo, però, “non abbiamo la panacea di tutti i mali per i casi più gravi, quando lo sono già diventati, ma abbiamo quel che serve per non far diventare gravi i casi che lo potrebbero diventare in un numero definito e ristretto di persone”, ha poi concluso.

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