Sclerosi multipla progressiva, approfonditi meccanismi biologici alla base della malattia

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Grazie ad un lavoro di ricerca, durato oltre 5 anni, gli studiosi dell’Ospedale San Raffaele di Milano sono riusciti a comprendere, in maniera più specifica, i meccanismi biologici alla base della sclerosi multipla (SM) progressiva, fornendo così nuove e possibili soluzioni terapeutiche per la cura della malattia cronica e neurodegenerativa

Oltre 5 anni di ricerche di base: è quanto è servito per uno studio, condotto dai ricercatori del San Raffaele di Milano, che ha permesso di approfondire in maniera più specifica i meccanismi biologici alla base della sclerosi multipla (SM) progressiva e che potrebbe fornire adesso nuove e possibili soluzioni terapeutiche per la cura della malattia. In particolare, come si legge in un comunicato diffuso sul sito della stessa struttura milanese, il team di esperti “ha identificato, grazie a un modello sperimentale del tutto nuovo, un meccanismo patogenetico legato alla senescenza cellulare che potrebbe rappresentare una delle cause della progressiva demielinizzazione del sistema nervoso centrale, con conseguente infiammazione e neurodegenerazione tipica della SM progressiva”.

Il focus sul ruolo degli oligodendrociti

Lo studio è partito dall’assunto secondo cui alcune malattie croniche e neurodegenerative, tra cui proprio la sclerosi multipla, siano caratterizzate dalla perdita di mielina, ovvero “la guaina che riveste i neuroni e che, nel sistema nervoso centrale, è prodotta dagli oligodendrociti”. Ed è esattamente su queste cellule che i ricercatori, coordinati da Stefano Previtali, responsabile del laboratorio di rigenerazione neuromuscolare dell’Ospedale San Raffaele, si sono concentrati per portare a termine il loro lavoro di ricerca, i cui esiti sono stati pubblicati sulla rivista “Journal of Clinical Investigation”. “Per la loro funzione, ossia quella di produrre mielina, gli oligodendrociti sono considerate cellule con un ruolo chiave nelle malattie demielinizzanti e sono particolarmente sensibili ai danni al Dna e allo stress ossidativo”, ha commentato Cristina Rivellini, tra i firmatari dello studio. Nello studio, ha continuato l’esperto, “abbiamo identificato una proteina, JAB1, come possibile molecola implicata in alcune disfunzioni all’interno degli oligodendrociti”.

Una progressiva demielinizzazione del sistema nervoso centrale

Per giungere alle loro conclusioni, i ricercatori hanno quindi realizzato “un modello sperimentale privo dell’espressione di JAB1 negli oligodendrociti”: ciò che ne è emerso è che la mancanza della proteina si è tradotta in “una progressiva demielinizzazione del sistema nervoso centrale”. Ma non è tutto, perché oltre a questo processo, gli studiosi hanno evidenziato anche una “neurodegenerazione e un aumento di infiammazione a livello della microglia, che rappresenta la prima e principale difesa immunitaria del sistema nervoso centrale”. Si tratta, hanno concluso i ricercatori, di specifiche che si ritrovano nella sclerosi multipla progressiva e in altre malattie demielinizzanti, “ma che fino ad ora nessuno era riuscito a ricreare all’interno di unico modello sperimentale in laboratorio”, ha riferito Previtali. E, a proposito del ruolo della proteina JAB1, è stato sottolineato come, a seconda dell’organo o del tessuto in cui si trova, la sua mancanza o malfunzionamento può condurre anche alla morte cellulare. “Abbiamo notato che gli oligodendrociti privi dell’espressione di JAB1 non muoiono, ma, al contrario, resistono e sviluppano senescenza: questo significa che, seppur vivi, non riescono più a svolgere i loro compiti originari, in questo caso produrre mielina. Questo provoca non solo demielinizzazione, ma successivamente infiammazione e neurodegenerazione”. Prossimo obiettivo, adesso, sarà quello di “provare a lavorare proprio sulla senescenza per bloccarla. A oggi, infatti, non esistono farmaci che riescano ad agire su questo meccanismo specifico”, hanno concluso i ricercatori.

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