Covid, le barriere in plexiglass sono davvero utili contro il contagio? Cosa sappiamo
Salute e BenessereAd esprimersi sul tema sono state una serie di ricerche. Secondo alcuni studi e a determinate condizioni, infatti, possono prevenire efficacemente la trasmissione del virus. Ma secondo altre tesi i numerosi schermi divisori, se orientati in maniera casuale, possono favorire il ristagno dell'aria e incanalare l'aria e l'aerosol in determinati spazi, dove la possibilità dell’infezione cresce
Sono state indicate, soprattutto nelle fasi più difficili della pandemia, come una soluzione efficace contro il contagio da coronavirus. Ma le barriere di plexiglass, sebbene utili in determinate circostanze, possono risultare addirittura controproducenti rispetto alla riduzione del contagio stesso. A fare il punto della situazione, un articolo pubblicato dal quotidiano “La Repubblica” che ha citato il parere di un esperto del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) oltre ad una serie di ricerche sul tema.
Le tesi a favore dell’efficacia
L’emissione del droplet, le goccioline di saliva più grandi che vengono emesse in particolar modo quando si parla o si tossisce, possono essere bloccate dalle barriere in plexiglass? Secondo una parte della comunità scientifica sì. Lo ha spiegato, tra gli altri, anche un modello realizzato da un team di ricercatori inglesi, secondo il quale le particelle grandi di saliva vengono intrappolate, anche se quelle più piccole, emesse allo stesso modo e che restano sospese in aria (aerosol), possono comunque raggiungere chi ci sta davanti. Un altro studio, pubblicato anche dal National Center for Biotechnology Information ha indicato che, in luoghi chiusi come possono essere uffici o open space affollati, “è necessaria un'altezza della barriera di protezione di almeno 60 cm sopra la superficie della scrivania per prevenire efficacemente la trasmissione del virus”. Invece, per le postazioni di lavoro situate entro 4 metri dall'uscita del luogo stesso, “si considera un'altezza di 70 cm e, con una corretta modalità di ventilazione, si è dimostrato che le barriere possono ridurre il rischio di infezione del 72%”, hanno spiegato gli studiosi.
Un utilizzo controproducente
Ma c’è chi ritiene che l’utilizzo di tali barriere possa essere meno efficace. “Non è irragionevole pensare che l'uso del plexiglas possa essere addirittura controproducente, in specifici casi", ha spiegato Daniele Contini, esperto dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Cnr. “In alcune situazioni, infatti, la presenza di numerosi schermi divisori, orientati in un modo spesso casuale, può favorire il ristagno dell'aria e incanalare l'aria e l'aerosol in determinati spazi”, ha detto, sottolineando come questa situazione possa potenzialmente far “crescere, in queste zone, la probabilità di infettarsi”. Un’accortezza, secondo lo studioso, sarebbe quella di posizionare le barriere in una determinata modalità con l’obiettivo che risultino effettivamente efficaci. “Non è semplice capire come andrebbe orientato il plexiglass per avere una buona efficacia. Fermo restando che in certe circostanze può essere una misura aggiuntiva utile, in altre non fa una grande differenza".
Quando può essere utile e quando meno
Quando, in sostanza, può risultare utile una barriera del genere? “Un esempio riguarda il plexiglass applicato dal pavimento al tetto di pullman, autobus o dell'automobile, che servono per proteggere autisti e tassisti”, ha riferito Contini. Questo perché la copertura completa blocca sia le droplet sia l'aerosol, risultando efficace. Considerando che, comunque, “parte dell'aerosol può comunque raggiungere l'interlocutore”, in generale è sempre meglio “utilizzare le mascherine, mantenere le distanze e aerare gli ambienti. E, solo dopo aver applicato tutte queste misure, adottare anche il plexiglass”. Una soluzione “non risolutiva”, ad esempio, è quella nelle scuole, dove secondo lo studioso del Cnr sarebbe meglio “investire in sistemi di aspirazione dell'aria o di aerazione con ricircolo”. Con una regola utile: “aprire spesso le finestre, se possibile ogni 20 minuti”. Un sistema sempre efficace “per ridurre la concentrazione di droplet e aerosol”.