Covid, studio Ue: solitudine quadruplicata per fascia 18-35 anni

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Un cittadino dell'Ue su quattro ha riferito di aver sofferto di solitudine durante i primi mesi della pandemia di Covid-19. È quanto emerso da uno studio pubblicato dal Centro comune di ricerca della Commissione Ue (Jrc), in collaborazione con il Parlamento europeo

Un cittadino dell'Ue su quattro ha riferito di aver sofferto di solitudine durante i primi mesi della pandemia di Covid-19. È quanto emerso da una nuova indagine che ha analizzato come è evoluta la percezione della solitudine per gli europei di tutte le età durante l'emergenza coronavirus rispetto agli anni precedenti. I risultati dello studio sono stati analizzati in un rapporto pubblicato dal Centro comune di ricerca della Commissione Ue (Jrc), in collaborazione con il Parlamento europeo. Secondo l'analisi i più colpiti sarebbero i giovani. In particolare, nella fascia tra i 18 e i 35 anni, la percentuale di soggetti che ha riferito di aver sofferto la solitudine è quadruplicata rispetto al 2016. "Tra gli altri gruppi di età, la solitudine segnalata è aumentata, ma non nella stessa misura", precisa il rapporto.

Studio Ue: altri numeri  

 

Confrontando inoltre le esperienze di solitudine di migranti e persone provenienti da minoranze etniche con i loro coetanei, l'indagine ha riscontrato un'incidenza ancora più elevata. Non risultano invece differenze significative nei dati di uomini e donne, e tra aree rurali e zone urbane. Mentre la solitudine sembra crescere nelle zone in cui vi sono alte percentuali di famiglie mononucleari. Dall'analisi è emerso, inoltre, che "contrariamente a quanto ci si aspetti invece i livelli di solitudine registrarti in Europa settentrionale sono minori di quelli in Europa meridionale". Una possibile spiegazione di questo dato sarebbe il cosiddetto "clima normativo", come lo definisce lo studio, ovvero l'insieme di percezioni che costituiscono lo standard minimo accettabile di connessione sociale ed emotiva. "Nei paesi più collettivistici, gli individui sono meno tolleranti all'isolamento relazionale, soprattutto dalla famiglia, e sviluppano quindi una maggior tendenza alla percezione della solitudine" dimostrano i dati. Secondo l'analisi anche la  copertura mediatica gioca un ruolo fondamentale nella percezione delle solitudine. "In alcuni Paesi come l'Ungheria, dove si è dato poco spazio alla copertura del fenomeno, il problema sembra essere percepito maggiormente come un problema individuale, mentre in altri paesi come ad esempio la Spagna, dove la solitudine è presentata nei media come un problema di carattere sociale, vi sono più iniziative locali sostenute da ong locali o amministrazioni".
"La pandemia di coronavirus ha portato in primo piano problemi come la solitudine e l'isolamento sociale. Questi sentimenti esistevano già, ma c'era meno consapevolezza pubblica - ha commentato la vicepresidente della Commissione per la democrazia e la demografia, Dubravka Suica -. Con questo nuovo rapporto, possiamo iniziare a comprendere e affrontare meglio questi problemi. Insieme ad altre iniziative, abbiamo l'opportunità di riflettere su come costruire insieme una società più resiliente e coesa e un'Ue più vicina ai suoi cittadini”.

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