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Per i bimbi nati nel Sud Italia +50% rischio di morte nel primo anno vita: lo studio

Salute e Benessere
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Ad affermarlo una ricerca presentata dagli esperti della Società Italiana di Pediatria (Sip). “L’idea che nascere e vivere in un particolare territorio del nostro Paese possa offrire una maggiore o una minore probabilità di cura e di sopravvivenza semplicemente non è accettabile. Questi dati ci mettono di fronte alla necessità di esigere un cambiamento, una repentina inversione di rotta”, ha dichiarato la Presidente SIP, Annamaria Staiano

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Un bambino che vive nel Mezzogiorno corre un rischio del 50% più elevato di morire, nel corso del primo anno di vita, rispetto ad un coetaneo che nasce nelle regioni del Centro-Nord Italia. E, inoltre, corre un rischio del 70% più alto, sempre rispetto ad un pari età residente nelle aree centro-settentrionali del Paese, di doversi spostare in altre Regioni per curarsi. Lo confermano due ricerche presentate dalla Società Italiana di Pediatria (Sip).

La ricerca sulla mortalità infantile

Si tratta di gravi disuguaglianze e disparità che sono state accentuate anche a causa della pandemia. In particolare, per quanto riguarda la mortalità neonatale, uno studio in pubblicazione sulla rivista “Pediatria”, come si legge in un comunicato diffuso online dalla stessa Sip, ha analizzato i tassi di mortalità neonatale e infantile in Italia, sulla base di una serie di dati forniti dall’ISTAT e riferiti all’anno 2018. Ne è emerso come i tassi di mortalità neonatale e infantile, ovvero “il numero di morti rispettivamente nei primi 28 giorni di vita o nel primo anno di vita per mille nati vivi”, in Italia risultano tra i più bassi del mondo, migliori di quelli riscontrati in Paesi come Francia, Germania o Regno Unito. Esiste, però, “un’ampia variazione territoriale”, dicono gli esperti. Infatti, i bambini che nascono e risiedono al Sud corrono un rischio di morire nel primo anno di vita “del 50% più elevato di quelli che vivono nelle regioni del Nord”. E le differenze, sottolineano i pediatri, risultano ancora più marcate per i figli di genitori stranieri (+ 100%). Un dato è stato segnalato su tutti: nel 2018, se il Mezzogiorno avesse avuto lo stesso tasso di mortalità infantile delle regioni del Nord Italia, “sarebbero sopravvissuti 200 bambini”. E, allo stesso modo, se i bambini figli di genitori stranieri avessero avuto lo stesso tasso di mortalità infantile dei bambini figli di genitori italiani, si sarebbero verificati 88 decessi in meno nel primo anno di vita. “L’idea che nascere e vivere in un particolare territorio del nostro Paese possa offrire una maggiore o una minore probabilità di cura e di sopravvivenza semplicemente non è accettabile. Questi dati ci mettono di fronte alla necessità di esigere un cambiamento, una repentina inversione di rotta”, ha dichiarato la Presidente SIP, Annamaria Staiano. “Oggi abbiamo la straordinaria possibilità di usufruire dei fondi previsti dal Next Generation EU, quale migliore settore sul quale investire se non il mondo dei bambini? Quale migliore occasione per iniziare a limare il divario Nord-Sud se non partendo dal bambino nella prima infanzia?”, ha chiesto.

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Lo studio sulla migrazione sanitaria

Per quanto riguarda il tema della migrazione sanitaria, i pediatri dicono che “il diritto alla salute non è uguale per tutti i bambini, ma dipende in larga parte dalla regione di residenza”. Lo ha confermato uno studio pubblicato sulla rivista “Italian Journal of Pediatrics”, che ha analizzato per la prima volta l’entità della migrazione sanitaria dei minori. Il lavoro è stato condotto su tutti i 7.871.887 bambini e ragazzi residenti in Italia, durante il 2019, con un’età inferiore a 15 anni. I dati emersi hanno sottolineato che i bambini/ragazzi residenti nel Mezzogiorno rispetto a quelli residenti nel Centro-Nord sono stati curati più frequentemente in altre Regioni (11,9% contro 6,9%). E questa percentuale sale sensibilmente soprattutto quando si considerano i ricoveri ad alta complessità, (21,3% vs 10,5% del Centro-Nord). Per quanto riguarda, invece, il costo della migrazione sanitaria dal Mezzogiorno, dove risiede circa il 35% dei bambini/ragazzi, verso altre Regioni è stato pari a 103,9 milioni di euro, ovvero il 15,1% della spesa totale dei ricoveri. Ben l’87,1% di questo costo (pari a 90,5 milioni di euro) ha riguardato, tra l’altro, la mobilità verso gli ospedali del Centro-Nord.

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