I medici: i pazienti non abbiano timore di farsi curare, gli ospedali sono luoghi sicuri dove le procedure anti contagio sono rispettate
Il sistema sanitario, fortemente provato dall’onda del coronavirus che ha imposto la riorganizzazione di interi reparti negli ospedali e negli ambulatori nell’ultimo anno e mezzo, sta lentamente cercando di ripartire per sanare il gap fra richiesta di cure e prestazioni effettivamente erogate.
Nel periodo gennaio - giugno 2020 rispetto allo stesso arco temporale del 2019, si è registrato il tracollo del numero di ricette (- 34 milioni), accertamenti diagnostici (-13,3 milioni) e visite specialistiche (- 9,6 milioni).
I ricoveri ospedalieri hanno segnato il calo più significativo con un -40% su base nazionale, pur con alcune differenze anche significative a livello regionale.
Tutto questo, stando a studi di settore e testimonianze mediche, si riflette sulla prevenzione, su una riduzione di accesso alle terapie e sui tempi di attesa per le visite che sono aumentati in modo esponenziale.
Pazienti cronici e cure
La dottoressa Ketty Peris, Presidente della SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse) ci ha confermato che oggi ci troviamo davanti ad una lenta ripresa “non dico che siamo alla normalità, ma diciamo che siamo ad un 50% delle visite” ci ha spiegato, specificando anche che, a differenza di quanto accaduto nei primi mesi di pandemia, ora i medici hanno ripreso a fare ambulatorio e stanno cercando di operare in una nuova normalità. Fra chi ha avuto maggiori problemi, ci spiega la dottoressa Peris, sicuramente ci sono i malati cronici (24 milioni di pazienti in Italia) che hanno faticato maggiormente per accedere con regolarità alle cure di cui hanno bisogno. “Le persone affette da forme gravi sono sempre e comunque arrivate da noi in ambulatorio o tramite il pronto soccorso, anche nei mesi più difficili” ci spiega la dottoressa Peris “ma oggi anche le persone affette da patologie infiammatorie croniche che nei momenti peggiori della pandemia hanno sospeso le cure, magari per paura, o hanno allungato i tempi fra le visite, hanno ricominciato a fare la normale terapia e noi continuiamo ad avvalerci anche della telemedicina, soprattutto quando non è necessario visitare nuovamente il paziente”.