Melanoma, scoperti nuovi processi legati alla resistenza ai farmaci

Salute e Benessere

A descriverli i ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), la cui attenzione si è concentrata “sull’insieme delle proteine secrete (secretoma) dalle cellule del melanoma resistenti al vemurafenib, un farmaco antitumorale noto inibitore della proteina BRAF”, un tipo di enzima che risulta mutato in circa il 50% del totale dei casi di cancro della pelle

Il melanoma è un tumore maligno che si origina dai melanociti della cute e delle mucose, da quelli che costituiscono i nevi o, molto più raramente, dai melanociti posti in sedi extracutanee, come l’occhio, le meningi o l’orecchio interno. A spiegarlo, il portale Epicentro, curato dall’Istituto Superiore di Sanità, i cui esperti raccontano anche che il melanoma “si sviluppa in tempi successivi attraverso vari stadi di progressione in cui presenta aspetti clinici ed istologici diversi”. Proprio un team di ricercatori dell’Iss, in collaborazione con i colleghi dell’IDI-IRCCS e del Campus Biomedico di Roma, è riuscito a scoprire e descrivere nuovi meccanismi che tentano di spiegare, quanto meno in parte, il grave problema della resistenza ai farmaci nel melanoma, una tra le forme più letali di cancro della pelle, il cui tasso di incidenza è sempre più in aumento.

Il ruolo della proteina BRAF

Lo studio, i cui esiti sono stati descritti nella rivista scientifica “Biomedicines”, è stato coordinato dal dottor Francesco Facchiano. “Nonostante i recenti progressi delle nuove opzioni terapeutiche ne abbiano significativamente modificato l'esito clinico, sono sempre molto frequenti i melanomi cutanei resistenti agli inibitori della proteina BRAF (BRAFi) una chinasi che risulta mutata in circa il 50% del totale dei casi di melanoma”, ha spiegato l’esperto e come si legge in un comunicato diffuso sul sito dell’Iss. “Diverse evidenze suggeriscono che i cambiamenti nel microambiente tumorale giochino un ruolo fondamentale nei meccanismi di resistenza acquisiti”, ha poi aggiunto.

I dettagli dello studio

Nel condurre la ricerca, i ricercatori sono partiti da una serie di dati ottenuti in vitro con cellule tumorali, in seguito confermati su campioni biologici di pazienti. L’attenzione si è concentrata “sull’insieme delle proteine secrete (secretoma) dalle cellule del melanoma resistenti al vemurafenib, un farmaco antitumorale noto inibitore della proteina BRAF”, hanno evidenziato gli studiosi. “I nostri dati confermano che le cellule resistenti al BRAFi mostrano un comportamento più aggressivo, con un'aumentata produzione di interferone-γ, interleuchina-8 e del VEGF (fattore di crescita dei vasi sanguigni)”, ha commentato il dottor Claudio Tabolacci, primo autore dell’articolo. “Inoltre, abbiamo dimostrato che le cellule del melanoma resistenti al vemurafenib possono influenzare l’attività delle cellule dendritiche, modulando la loro attivazione e la produzione di citochine che possono facilitare la crescita del melanoma”. L’importanza e lo studio di questi meccanismi, hanno infine sottolineato gli esperti, risulta sempre più di notevole importanza “per mettere a punto nuove opzioni terapeutiche in grado di superare la resistenza ai farmaci antitumorali”.

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