Covid, anestesisti: terapie intensive del Sud Italia a rischio in meno di un mese

Salute e Benessere

A sostenerlo è Alessandro Vergallo, il presidente dell'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac)

L’incremento dei casi di coronavirus in Italia (segui la DIRETTA di Sky TG24) desta non poche preoccupazioni tra gli anestesisti. In particolare, i timori più grandi sono per le regioni del Centro-Sud, dove c’è il rischio che nelle prossime settimane i posti disponibili in terapia intensiva diventino sempre più limitati. “Se l’andamento dei casi di infezione da Sars-CoV-2 continuerà con i ritmi e i numeri attuali, e senza ulteriori misure di contenimento, stimiamo che in meno di un mese le terapie intensive al Centro-Sud, soprattutto in Lazio e Campania, potranno andare in sofferenza in termini di posti letto disponibili”, spiega Alessandro Vergallo, il presidente dell'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac). “Siamo molto preoccupati per le Regioni meridionali, dove rileviamo una maggiore impreparazione a far fronte a un eventuale peggioramento della situazione”, sottolinea l’esperto.

Il possibile inizio della seconda ondata

“Quello che stiamo vivendo in questi giorni potrebbe essere l’inizio della seconda ondata della pandemia da Covid-19 e non la coda lunga terminale della prima fase epidemica”, aggiunge Vergallo. “Questo ci preoccupa, perché presuppone un ulteriore aumento dei contagi. Potremmo essere dinnanzi a una fase di iniziale aumento dei casi e non più a un aumento lineare più contenuto”, conclude il presidente di Aaroi-Emac.

 

L’andamento dell’emergenza Covid al Sud

A fare un quadro preciso dell’andamento dell’emergenza coronavirus nel mezzogiorno è Ranieri Guerra, il vice direttore generale delle iniziative strategiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). A margine dei lavori su “La sanità post Covid-19” al teatro Bellini di Catania, l’esperto ha spiegato che “il Sud in questo momento sta vivendo quella che è stata l’ondata iniziale al Nord”. “Potendo contare però tutte le lezioni che abbiamo imparato – ha aggiunto - con presidi che prima non c'erano: medici preparati e competenti, terapie disponibili anche se non risolutive e soprattutto con la capacità di intercetto e di diagnosi molto precoce".

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