Sclerosi multipla, individuati nuovi bersagli cellulari per il dolore

Salute e Benessere

Il risultato, descritto sulle pagine della rivista Brain, Behaviour and Immunity, è stato ottenuto dal gruppo di ricercatori dell’Università Statale di Milano coordinato da Stefania Ceruti

Nel corso di un nuovo studio, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università Statale di Milano, sono stati individuati dei nuovi bersagli da colpire per combattere il dolore nei pazienti che soffrono di sclerosi multipla. Si tratta delle cellule della glia. Quando dialogano in maniera scorretta con i neuroni, queste cellule provocano dolore al nervo trigemino, anche molti mesi prima che la malattia sia diagnosticata. I ricercatori, coordinati da Stefania Ceruti, sono arrivati a questa conclusione studiando un modello animale di sclerosi multipla recidivante-remittente (la forma più diffusa fra i giovani adulti). I loro risultati, pubblicati sulla rivista Brain, Behaviour and Immunity, confermano che i sintomi di dolore trigeminale iniziano a manifestarsi ancor prima della comparsa dei sintomi motori della sclerosi multipla. Si tratta di una scoperta che potrebbe portare allo sviluppo di nuove terapie.

 

I risultati ottenuti

 

Nel corso della ricerca, gli esperti hanno anche stabilito che il dolore al nervo trigeminale peggiora costantemente con il progredire della malattia, anche durante la fase di remissione dei sintomi motori, probabilmente perché è causato da meccanismi differenti. Tutte le informazioni indicano che la “colpa” è delle cellule delle glia presenti attorno al tronco encefalico: la loro attivazione, infatti, è associata a un incremento nell’espressione di diversi recettori di membrana per molecole segnale chiamate purine. È proprio su questi bersagli che potrebbe concentrarsi lo sviluppo di nuovi farmaci pensati per alleviare il dolore nei pazienti. Inoltre, la ricerca ha dimostrato per la prima volta che l’attivazione delle cellule della glia presenti nel ganglio trigemino è accompagnata da profonde modificazioni nello stato metabolico del tessuto. Si ipotizza che ciò potrebbe contribuire all’alterata comunicazione fra neuroni e glia nel sistema nervoso periferico, inducendo lo sviluppo del dolore trigeminale. Lo studio è stato reso possibile grazie a un progetto pilota finanziato dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (Fism).

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