Coronavirus, scoperte sostanze naturali che ne impediscono l'ingresso nelle cellule
Salute e BenessereSi tratta di molecole endogene di natura steroidea; alcune di esse sono degli acidi biliari, ossia delle sostanze prodotte nel fegato e nell’intestino dal metabolismo del colesterolo. Possono fermare l’infezione quando la carica virale non è molto elevata
Un team di ricercatori dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Perugia è riuscito a individuare delle sostanze naturali, già presenti nel corpo umano, che possono bloccare l’ingresso del coronavirus Sars-CoV-2 (segui la DIRETTA di Sky TG24) nelle cellule. Si tratta di molecole endogene di natura steroidea; alcune di esse sono degli acidi biliari, ossia delle sostanze prodotte nel fegato e nell’intestino dal metabolismo del colesterolo. Tali molecole possono fermare l’infezione quando la carica virale non è particolarmente elevata.
Verso un nuovo protocollo terapeutico
Angela Zampella, direttrice del Dipartimento di Farmacia dell' Università di Napoli Federico II, spiega che le sostanze individuate dal team di ricerca sono del tutto naturali e si trovano, oltre che nel corpo umano, anche in alimenti come la liquirizia e l’olio di oliva. “Le molecole che abbiamo studiato nel corso della ricerca possono bloccare l’ingresso del coronavirus nelle cellule quando la carica virale non è elevatissima”, sottolinea l’esperta. Questa scoperta potrebbe aprire le porte a nuove forme di prevenzione del coronavirus e rappresenta il primo passo verso la stesura di un protocollo terapeutico che verrà posto all’attenzione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa).
Lo svolgimento dello studio
Nello studio, pubblicato sul sito BioRxiv e in attesa di essere sottoposto alla peer-review, è illustrata l’identificazione di nuovi target molecolari in grado di interferire con il meccanismo d’ingresso di Sars-CoV-2 nelle cellule bersaglio. Per svolgere la ricerca, gli approcci computazionali del gruppo del dottor Bruno Catalanotti (del Dipartimento di Farmacia dell' Università di Napoli Federico II) si sono combinati a quelli di chimica sintetica, condotti dal team guidato professoressa Angela Zampella, e di biologia molecolare portati avanti dalla dottoressa Adriana Carino, sotto la supervisione del professor Stefano Fiorucci (Gastroenterologia del Dipartimento di Scienze chirurgiche e biomediche dell'Università degli Studi di Perugia). Nello studio sono stati coinvolti anche i gruppi dei dipartimenti di microbiologia e malattie infettive dell’Università di Perugia.