Hiv, nuovo test "istantaneo" per controllare la carica virale residua nei bambini

Salute e Benessere

Rapido, economico e “praticamente istantaneo”, potrà aiutare ad inserire i bambini malati in nuove sperimentazioni finalizzate all'eliminazione totale del virus, soprattutto nei Paesi più poveri del mondo

Un nuovo test “istantaneo” per valutare la carica virale residua nei bambini affetti da Hiv è stato prodotto dagli scienziati dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Più semplice, più rapido e più economico rispetto a quelli già messi a punto, questo test potrebbe essere adesso particolarmente utile nei Paesi più poveri, luoghi del mondo in cui la malattia è ancora fortemente presente. Lo studio sulla sua efficacia è stato pubblicato sulla rivista scientifica “The Lancet” e gli esperti hanno comunicato che l'affidabilità supera il 95%, come si legge sul portale dello stesso nosocomio romano.

Come funziona il test

Il nuovo test, messo a punto in particolare dall'equipe di Immunoinfettivologia del Dipartimento Pediatrico Universitario Ospedaliero del Bambino Gesù, “è praticamente istantaneo” si legge nella nota e può essere effettuato ovunque. Consiste in una piccola striscia di plastica rigida, su cui sono posizionate determinate sostanze di reazione, come quelle di solito utilizzate per il monitoraggio domestico della glicemia, ad esempio. La striscia è numerata da 0 a 10: zero rappresenta la minima carica virale residua e 10 quella massima. Basta servirsi di una goccia di sangue del paziente e in pochi minuti si coloreranno le tacche corrispondenti alla carica virale rilevata. “Un test così semplice e sicuro da poter essere effettuato anche in condizioni improponibili per i classici test, come un ospedale da campo o un camper medico. Costa inoltre poche decine di euro contro le centinaia degli altri test”, dicono gli esperti.

Il residuo virale

Misurare il residuo virale è fondamentale, spiegano i medici, per valutare l'efficacia del trattamento ricevuto e la possibilità di inserire i bambini malati in nuove sperimentazioni finalizzate all'eliminazione totale del virus. “Finché non ci si riuscirà, con l'aiuto di nuove terapie, nessun paziente potrà considerarsi guarito”, spiegano i medici. L'uso di test simili a questo, nei Paesi in via di sviluppo dove si concentra la maggior parte di casi pediatrici, ovvero un milione e mezzo su un totale di quasi due milioni secondo le stime degli esperti, è stato finora minimo. “Il limite principale al loro utilizzo è rappresentato dai costi, dalla quantità di sangue che queste analisi richiedono e dalla loro difficile applicabilità nelle zone meno attrezzate da un punto di vista clinico e ospedaliero. Basti pensare che la maggior parte di questi sono di virologia molecolare. Vuol dire che, dopo il prelievo di sangue, servono dei passaggi di laboratorio per isolare le componenti ematiche, lavorarle e analizzare i risultati con complessi software bio-informatici. Per avere la risposta passano almeno diversi giorni”, si legge nella nota del Bambino Gesù.

Una nuova strategia di screening

“Questa nuova strategia di screening rappresenta un'importante innovazione per definire quali bambini arruolare in protocolli per la cura dell'HIV-1. Come, per esempio, il vaccino terapeutico pediatrico messo a punto dal Bambino Gesù in collaborazione col Karolinska Instituet di Stoccolma. I risultati permettono infatti di ricostruire la storia clinica dei singoli pazienti che spesso, nei Paesi in via di sviluppo o molto poveri, non posseggono una vera e propria cartella clinica”, ha spiegato il dottor Paolo Palma, responsabile dell'unità di ricerca in infezioni congenite e perinatali dell'ospedale romano.

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