Fumare in gravidanza aumenta il rischio di fratture per il neonato

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Immagine di archivio (Getty Images)

È quanto emerge dai risultati di un nuovo studio osservazionale, durante il quale i ricercatori dell’Università di Örebro hanno monitorato le condizioni di salute di oltre un milione e 600mila bambini nati da donne fumatrici (377.367) e non (1.302.940) 

Da un nuovo studio osservazionale, condotto dai ricercatori dell’Università di Örebro (in Svezia), emerge che i figli delle madri che fumano durante la gravidanza corrono un rischio maggiore di fratture durante il primo anno di vita. Nel corso della ricerca sono state monitorate le condizioni di salute di oltre un milione e 600mila bambini nati da donne fumatrici (377.367) e non (1.302.940). Tutti i risultati ottenuti sono stati pubblicati sulle pagine della rivista specializzata British Medical Journal.

Il rischio di fratture durante il primo anno di vita

I ricercatori hanno monitorato la salute delle ossa dei bambini per un tempo medio di 21 anni: in questo lasso di tempo sono state registrate complessivamente 377.979 fratture per l’intero campione. Dall’analisi dei dati ottenuti, è emerso che per i figli delle donne che fumano in gravidanza la probabilità di andare incontro a una frattura nel corso del primo anno di vita è maggiore del 20%, se la gestante fuma da 1 a 9 sigarette al giorno, o del 41%, se il numero di sigarette fumate è pari o superiore a 10 al dì. Per quanto riguarda il rischio di fratture durante il resto dell’infanzia e nella prima età adulta, i ricercatori non hanno riscontrato un legame con l’abitudine della madre a fumare durante la gestazione.

Fumo e alcol in gravidanza aumentano il rischio di morte in culla

Nel corso di uno studio simile, i ricercatori dell’Avera Health Center for Pediatric & Community Research di Sioux Falls, in Sud Dakota, hanno scoperto che i bambini nati da madri che hanno fumato e bevuto alcolici dopo il primo trimestre di gravidanza corrono un rischio di sindrome della morte in culla (Sids) maggiore rispetto ai figli di donne che non hanno fatto uso di queste sostanze o le hanno consumate solo durante i primi tre mesi di gestazione. Per giungere a questa conclusione, gli autori della ricerca hanno monitorato oltre 12mila gravidanze, 28 delle quali hanno portato alla morte in culla del neonato. 

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