Il Parkinson potrebbe ‘nascere’ nell’intestino e viaggiare fino al cervello

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Getty Images)

Gli esperimenti sui topi di un team della Johns Hopkins Medicine dimostrano che l’alfa-sinucleina, tra i responsabili della malattia, risale attraverso il nervo vago raggiungendo l’area cerebrale 

La scintilla che innesca il morbo di Parkinson può avvenire nell’intestino, che a propria volta ‘contagerebbe’ il cervello portando all’insorgere della malattia. A fare luce su questo meccanismo è stato un team della Johns Hopkins Medicine di Baltimora, che si è concentrato sul ruolo dell’alfa-sinucleina, una proteina che si accumula nell’appendice e già associata al Parkinson da studi precedenti. All’interno della ricerca pubblicata sulla rivista Neuron, gli scienziati illustrano i risultati di alcuni esperimenti condotti sui topi, che mostra l’esistenza di un collegamento che permetterebbe alle proteine tossiche di viaggiare dall’intestino al cervello e danneggiare le cellule nervose.

Il Parkinson può iniziare nell’intestino

Soltanto pochi mesi fa, uno studio internazionale confermava il possibile legame tra l’intestino e il morbo di Parkinson, notando come versioni di alfa-sinucleina ripiegate in maniera anormale si concentrassero nell’appendice, la cui rimozione riduceva il rischio di sviluppare la malattia neurodegenerativa. Secondo Ted Dawson della Johns Hopkins Medicine la nuova ricerca rappresenta “la prima evidenza sperimentale che il Parkinson può iniziare nell’intestino e risalire attraverso il nervo vago”. Il processo è stato osservato dai ricercatori in una serie di esperimenti condotti su più di 100 topi.

Il Parkinson viaggia attraverso il nervo vago

Inizialmente, il team di ricerca ha iniettato copie di alfa-sinucleina ripiegate in modo anormale nell’intestino dei topi, considerati da Dawson “un modello animale molto accurato per scoprire meccanismi e testare terapie”. A un mese dall’iniezione, gli scienziati hanno notato la presenza nel tronco encefalico della proteina tossica, che con il passare delle settimane continuava ad espandersi in altre aree cerebrali in modo piuttosto simile a quello in cui l’alfa-sinucleina si diffonde nel cervello degli umani. Entro 7-10 mesi, i roditori hanno iniziato a mostrare un calo progressivo dei livelli di dopamina accompagnato da problemi motori, comportamentali e a livello di memoria, tipiche manifestazioni del morbo di Parkinson. I ricercatori hanno così ritenuto il nervo vago, una sorta di cavo che parte dal tronco cerebrale collegando varie parti del corpo, un possibile canale di trasporto per le proteine dannose: il sospetto si è dimostrato fondato, visto che recidendo lo stesso nervo vago in alcuni topi l’alfa-sinucleina non si diffondeva al cervello. Pur dovendo ancora indagare a fondo il meccanismo che permette la risalita delle proteine attraverso il nervo vago, i ricercatori hanno evidenziato come i cambiamenti intestinali possano giocare un ruolo chiave nello sviluppo del Parkinson. “Intervenendo prima che questi raggiungano il cervello”, spiega Dawson, “potremmo impedire alla maggior parte dei sintomi del morbo di apparire, migliorando le vite delle persone affette”. 

Salute e benessere: Più letti