Appendicite: con l’operazione si riduce il rischio di Parkinson

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Getty Images)
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Secondo uno studio che ha coinvolto oltre un milione di individui il tratto intestinale contiene le proteine associate all’origine della patologia; rimuovendolo, ci si ammala meno 

L’operazione per curare l’appendicite è un intervento diventato ormai di prassi, necessario a risolvere un problema comune quanto fastidioso. Nessuno, tuttavia, aveva mai creato una connessione tra il piccolo tratto intestinale e il morbo di Parkinson, una delle malattie neurodegenerative più conosciute. Ad osservare questo inedito legame è un nuovo studio internazionale che ha coinvolto Van Andel Research Institute, Northwestern University e Michigan State University negli Stati Uniti, oltre all’Università di Lund, in Svezia. La ricerca, pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine, appare di grande rilevanza poiché i risultati sono stati raggiunti in seguito all’analisi di oltre un milione di soggetti.

Nell’appendice le proteine associate al Parkinson

Già da qualche anno, alcuni studi hanno sollevato l’ipotesi di un possibile coinvolgimento del tratto intestinale nella genesi della malattia di Parkinson. Proprio questa base ha rappresentato il punto di partenza dei ricercatori, che si sono spinti oltre notando come l’appendice sia un deposito di una proteina ripiegata in maniera anormale, l’alfa-sinucleina. La molecola è associata al principio e allo sviluppo della patologia neurodegenerativa, un legame che ha portato il team di ricerca a eseguire indagini più precise nel tentativo di vederci più chiaro.

Il legame tra appendice e Parkinson

Il gruppo di ricercatori degli atenei coinvolti ha quindi preso in considerazione un campione di 1.6 milioni di soggetti in Svezia, notando che negli individui che avevano subito un intervento di rimozione dell’appendice la frequenza del Parkinson era significativamente minore. Secondo la stima degli esperti, un’operazione per appendicite avvenuta in età non avanzata ridurrebbe del 19,3% il rischio di incorrere nella malattia. Guardando poi a un database statunitense di circa 900 pazienti malati di Parkinson, gli studiosi hanno rilevato un ritardo medio di 3.6 anni nel presentarsi della patologia nei soggetti operati di appendicite. Secondo Viviane Labrie, autrice principale della ricerca, questo indicherebbe che il tratto intestinale è soltanto una delle cause della malattia. Infatti, grumi di proteine alfa-nucleina sono stati riscontrati anche in individui sani. Tuttavia “capire come il Parkinson si origina e progredisce rappresenta un importante primo passo”, afferma Labrie.

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