Alzheimer, dall’esercizio fisico un valido aiuto contro la malattia

Salute e Benessere
Foto di archivio (Getty Images)

Un gruppo di ricercatori ha osservato che l’irisina, l’ormone rilasciato durante l’attività motoria, è presente in quantità inferiore nell’ippocampo dei pazienti colpiti dalla malattia 

Qualche settimana fa, uno studio aveva messo in luce che l’irisina, nota anche come ‘ormone dello sport’, aiuta a prevenire la demenza. Ora, una nuova ricerca condotta da un gruppo di ricerca della Columbia University, guidato dall'italiano Ottavio Arancio, e pubblicata sulla rivista Nature Medicine, ha evidenziato che questo ormone non solo migliora la memoria, ma agisce anche contro l’Alzheimer, proteggendo il cervello da questa malattia.

Irisina protegge le sinapsi e la memoria

Fino a qualche anno fa, gli esperti pensavano che l’irisina, messa in circolo durante l’attività fisica, ricoprisse un ruolo solamente all’interno del metabolismo energetico, ma gli studi più recenti hanno osservato che questo ormone stimola anche la crescita dei neuroni nell’ippocampo, l’area situata nel lobo temporale fondamentale per l’apprendimento e la memora. "Questo ormone può aiutare a spiegare perché l'attività fisica migliora la memoria e sembra avere un effetto protettivo nelle malattie che colpiscono il cervello, come l’Alzheimer”, ha spiegato Arancio.
I ricercatori hanno esaminato dei tessuti cerebrali prelevati da una biobanca e hanno notato che l’irisina è presente in quantità nettamente inferiore nell’ippocampo delle persone colpite da questa malattia rispetto ai soggetti sani. Gli scienziati hanno poi studiato il comportamento dell’ormone nei topi, vedendo che entra in gioco sia per proteggere le sinapsi, sia per salvaguardare la memoria. Quando l'irisina è stata neutralizzata nei topi sani, le comunicazioni tra i neuroni e la capacità di ricordare si sono infatti indebolite, mentre, quando la sua produzione è stata stimolata, le due funzioni sono subito migliorate.

Nuove cure per l’uomo?

Un esperimento successivo si è focalizzato maggiormente sulla connessione tra l’attività fisica e la perdita di memoria. L’equipe capitanata da Arancio ha sottoposto alcuni topi a un test fisico che prevedeva di farli nuotare ogni giorno per cinque settimane, al termine delle quali gli animali hanno mostrato di non avere alcun problema di memoria, nonostante ricevessero infusioni di beta amiloide, una proteina che simula gli effetti dell’Alzheimer. Bloccando invece l’ormone tramite dei farmaci, i benefici degli allenamenti si annullavano. Secondo i ricercatori, quindi, l’irisina potrebbe portare a nuove cure per prevenire o trattare la demenza nell’uomo, ma è necessaria la ricerca di composti farmaceutici che possano aumentarne i livelli nel cervello o imitarne l’azione.

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