Stimolazione elettrica transcranica, cos'è e quando si usa

Salute e Benessere

Giulia Virzì

Foto d'archivio: GettyImages
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La tDCS nasce in Italia una ventina d’anni fa nel Dipartimento di neurologia e psichiatria dell’Università Sapienza di Roma. È una procedura non invasiva, indolore e senza effetti collaterali usata nella riabilitazione neurologica dei pazienti

Un "caschetto" che sollecita zone specifiche del cervello con deboli correnti elettriche. È la stimolazione transcranica a corrente diretta (tDCS), una procedura non invasiva usata in percorsi di riabilitazione neurologica, di cui si è parlato sabato 9 giugno, in un convegno promosso dal Centro radiologico polispecialistico di Cinisello Balsamo, in provincia di Milano, dal titolo: "La tDCS: dalla ricerca alla pratica clinica". Si può ricorrere alla tDCS nel caso di malattie come il morbo di Parkinson o la Sclerosi multipla, per la terapia del dolore e per il potenziamento delle funzioni cognitive. Viene usata anche nello sport: l’Istituto delle Riabilitazioni di Torino, uno dei centri in Italia a usare la tDCS in ambito clinico e non solo di ricerca, l’ha applicata a campioni del ciclismo come Vincenzo Nibali durante l'ultimo Giro d'Italia, agendo su funzioni cerebrali per gestire meglio la fatica, aumentare la rapidità e la precisione del gesto atletico.

Una tecnica italiana

La stimolazione transcranica a corrente diretta nasce in Italia una ventina d’anni fa nel Dipartimento di neurologia e psichiatria dell’Università Sapienza di Roma e da allora gli studi sulle sue possibili applicazioni si sono moltiplicati in tutto il mondo. È una procedura non invasiva, indolore e senza effetti collaterali, tanto che il paziente molto spesso non si accorge nemmeno del trattamento: la quantità di energia elettrica trasmessa (0,5-2 mA) è paragonabile a quella di una pila stilo. È stata dimostrata la sua efficacia nel trattamento di numerose patologie neurologiche, come parte di una riabilitazione a più livelli. Molte ricerche (611 a livello globale solo negli ultimi anni) si sono concentrate sul trattamento degli ictus, riuscendo a dimostrare l’efficacia degli impulsi elettrici in specifiche zone del cervello nella riattivazione del movimento degli arti e in un miglioramento della condizione di afasia, ossia delle difficoltà di linguaggio dovute alla malattia.

Le altre applicazioni

Oltre all’ictus, la tDCS viene usata nel trattamento di malattie degenerative come il Parkinson, l’Alzheimer o la Sclerosi multipla. La stimolazione transcranica non è una cura: “Si lavora sul mantenimento della condizione e della qualità di vita del paziente, parallelamente alla terapia farmacologica e a quelle riabilitative. Se i sintomi della malattia non peggiorano abbiamo raggiunto un buon risultato”, spiega Elisabetta Geda, psicologa esperta in neuropsicologia clinica e tecniche di stimolazione cerebrale. "La tDCS - continua Geda - viene usata con successo anche nella riabilitazione degli stili di vita (uso di alcol, fumo e sostanze stupefacenti), riducendo il desiderio di assumere la sostanza e il rischio di ricadute”. Inoltre un recente studio, condotto da un gruppo di ricerca della Fondazione Irccs Ca’ Granda di Milano e pubblicato lo scorso aprile sulla rivista scientifica Creativity Research Journal, ha dimostrato che la stimolazione del lobo temporale sinistro tramite tDCS migliora la creatività, intesa come capacità di trovare soluzioni originali ai problemi.

Terapia clinica e ricerca

La tDCS non è una prestazione prevista dal Sistema sanitario nazionale. In Italia è praticata in ambito clinico da pochi centri e una seduta (nell’ambito di un più ampio percorso riabilitativo per cui si valuta lo stato neuropsicologico del soggetto e la sua idoneità al trattamento) può costare dai 50 agli 80 euro. Molte invece le università che possiedono lo strumento e che conducono studi sulle sue possibili applicazioni: in questi casi i pazienti devono rientrare in rigidi protocolli di ricerca.

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