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Roma, tocca studentessa ma per "poco": assolto bidello

Lazio

I giudici non hanno accolto l'impostazione della Procura che aveva chiesto per l'imputato una condanna a 3 anni e mezzo di reclusione

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"Il fatto non costituisce reato". Così si sono espressi i giudici della quinta sezione penale del Tribunale di Roma nell'assolvere un bidello di un istituto scolastico della Capitale finito sotto processo per l'accusa di violenza sessuale per avere toccato una studentessa nell'aprile del 2022. Della vicenda scrive oggi il Corriere della Sera. Per il tribunale il palpeggiamento, durato "tra i 5 e i 10 secondi" così come ha denunciato la vittima, è avvenuto ma senza l'elemento soggettivo: la volontà da parte del bidello di molestare la minorenne. I giudici non hanno, quindi, accolto l'impostazione della Procura che aveva chiesto per l'imputato una condanna a 3 anni e mezzo di reclusione.

Le motivazioni

Nel corso del processo, secondo quanto scrive il quotidiano, l'imputato ha ammesso di avere toccato la studentessa ma di averlo fatto "per scherzo". La vittima ha, invece, ribadito quanto avvenuto. Per i giudici la "repentinità dell'azione, senza alcuna insistenza nel toccamento", da considerarsi "quasi uno sfioramento" non consente di "configurare l'intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale", scrivono i giudici del tribunale di Roma nelle motivazioni. "Nel caso di specie" le modalità "dell'azione lasciano ampi margini di dubbio sulla volontarietà nella violazione della libertà sessuale della ragazza, considerato proprio la natura di sfioramento, per un tempo sicuramente minimo, posto che l'intera azione si concentra in una manciata di secondi, senza alcun indugio nel toccamento". Inoltre, aggiungono i magistrati nelle motivazioni, "appare verosimile che lo sfioramento sia stato causato da una manovra maldestra dell'imputato che, in ragione della dinamica dell'azione, posta in essere mentre i soggetti erano in movimento "potrebbe avere accidentalmente e fortuitamente attivato un movimento ulteriore e non confacente all'intento iniziale". Su quest'ultimo aspetto, a detta del tribunale, "depone anche la condotta successiva dell'imputato, che solo alla manifestazione di disagio della ragazza, si è reso conto della natura inopportuna del suo gesto, andato oltre le proprie intenzioni, tanto da cercare di chiarire la situazione ed evitare ogni fraintendimento".