Il Climate Change e la versione di Mattarella

Chi non si è domandato in questi giorni se e quando avesse mai visto o vissuto un mese di giugno così caldo, con un Luglio non da meno, e temperature altissime, in Italia… in Spagna, ad esempio, così come nel resto d’Europa: basti pensare al record di una Rovaniemi, la cittadina di Babbo Natale, in Finlandia, nel circolo polare artico, colpita da un’ondata di caldo eccezionale da 30 gradi. Eventi estremi come trombe d’aria o alluvioni o downburst: come non ricordare la tragedia di Valencia dello scorso anno. Anche qui, chi non si è chiesto quanti episodi di fenomeni così violenti si verificassero a ogni stagione? Due, tre, forse quattro per Estate, mentre ora sono almeno il triplo, se non di più. Eventi estremi come quelli che si registrano, ormai da anni, anche in Inverno, e che sono, appunto, sempre più frequenti e rispetto ai quali, sebbene una contro-letteratura scientifica si dica pronta a confutare ogni relazione tra cambiamento climatico e intervento dell’uomo, la maggior parte degli scienziati e degli esperti di climatologia non sembra avere dubbi: l’attività umana -spiegano- incide, e non poco, sul clima terrestre. Più volte Sergio Mattarella ha lanciato il suo allarme a Governi e Istituzioni internazionali sui rischi di un disinteresse verso le tematiche green. Un appello reiterato, e però spesso inascoltato, quello del Presidente della Repubblica ad attivarsi per invertire una tendenza che oggi guarda solo al presente e non al futuro. L’appello del Presidente, i Governi “distratti” e l’Ue “Sul clima non c’è più tempo”, le parole di Mattarella, messe nero su bianco, insieme ad altri cinque capi di Stato del Mediterraneo due anni fa. Era l’agosto del 2023, anno nero per gli incendi nei Paesi del Mare Nostrum. Un “Appello per il Mediterraneo” firmato con i colleghi di Grecia, Croazia, Malta, Portogallo e Slovenia. Richiamo tornato ancora, solo per citarne alcuni, qualche giorno fa, parlando proprio degli eventi climatici estremi: “Lo Stato ha l’obbligo di investire nella prevenzione”. Ma lo sguardo al futuro non paga nell’immediato, si sa, ed è inevitabile che i governi, che vivono prevalentemente di presente o, semmai, di futuro a breve termine, guardino con “distrazione”, scarsa attenzione, con disinteresse o addirittura sospetto, a un investimento economico di rilievo come richiederebbe quello ambientale. Andrebbe a distrarre troppe risorse dai problemi del contingente e, quindi, dalla domanda politica immediata di cittadini …e soprattutto elettori. Ecco che allora l’appello, appunto, viene rivolto a chi governa sì, ma anche alle organizzazioni e alle istituzioni internazionali e comunitarie, come nel caso, ad esempio, di quelle del Vecchio Continente. Come dire: laddove i governi non vogliono o non possono impegnarsi più di tanto, potrebbero essere le strutture sovranazionali a intervenire ai singoli Stati politiche di tutela e salvaguardia dell’ambiente. Un esempio, tuttavia, molto osteggiato, contrastato e anche combattuto da alcune famiglie politiche europee, è il GREEN DEAL dell’Unione, riuscito in parte a superare le forche caudine del nuovo Bilancio della Commissione Europea. Insomma, politiche ambientali costose e poco remunerative sul piano del consenso. Il riarmo europeo e l’ombra sulla sfida ambientale Gli strumenti non mancano. E non devono necessariamente essere repressivi o punitivi. L’esempio del Pnrr può essere un modello per attivare un circuito virtuoso: incentivi e risorse per progetti qualificanti che puntino a creare lavoro, crescita per le imprese in modo da colmare il disavanzo produttivo iniziale dovuto al rispetto di alcune regole e di alcuni limiti green e, poi, soprattutto, il futuro di cui prendersi cura. Certo oggi la maggioranza europea a sostegno della Commissione è cambiata rispetto al primo mandato, gli equilibri sono diversi e quell’ambizioso insieme di misure sul clima, simbolo della prima gestione Von der Leyen, è stato di fatto ridimensionato: ora, più che al Green Deal, i Governi guardano soprattutto a due fronti: ripresa economica e riarmo. Legati tra loro. Due temi imposti dall’attuale contesto geopolitico, due temi del contingente… del presente appunto. Provare cioè a riagganciare la prima attraverso una maggiore spesa per la Difesa, sostenendo l’industria pesante. Lasciando momentaneamente da parte quelle politiche dispendiose e “penalizzanti” per le aziende europee. Il rischio di investimenti green e di limiti imposti ai produttori, in una fase storica dai costi altissimi per l’energia, quale sarebbe? Una deindustrializzazione europea, viene spiegato, perché le imprese del Vecchio Continente, oggi più che mai, devono competere in un mercato sempre più globale, e partire in svantaggio rispetto agli altri competitor significherebbe essere spazzati via dal commercio mondiale. Tradotto: meno competitività e, quindi, più povertà. L’allarme dell’Onu e il discorso di fine anno del Presidente “Vivremo in condizioni estreme. Ed è molto probabile che la situazione in futuro peggiori ulteriormente”. Un rapporto che arriva dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, agenzia dell’Onu… proprio mentre in tutta Europa le temperature toccano punte record. Servono allarmi preventivi, piani d'azione coordinati per proteggere la popolazione, perché “ogni decesso correlato al caldo - spiegano dall’Agenzia - si può prevenire”. Un prezzo alto. Ed è qui che il ragionamento prova a sposarsi con la ricetta cui guardare. Un investimento su ricerca e tecnologia da un lato, un investimento sulla prevenzione dall’altro per evitare vittime e costi elevati, causati proprio dai danni generati dagli eventi estremi degli ultimi anni. Stando ai dati dell’Agenzia, tra il 2001 e il 2020, i danni provocati da calamità naturali sono raddoppiati, superando i 200 miliardi di dollari all'anno… senza considerare i costi indiretti a causa dei disastri. Numeri… come quelli indicati da Mattarella nel discorso di fine anno: la “sconfortante sproporzione” tra la “crescita della spesa in armamenti, innescata dall’aggressione della Russia all’Ucraina, che pur costringe anche noi a provvedere alla nostra difesa, e che ha toccato nel 2024 la cifra record di 2.443 miliardi di dollari, e quella per l’ambiente - sottolinea il Presidente - otto volte più piccola”: 300 i miliardi previsti dall’ultima Cop 29, di Baku, per contrastare il cambiamento climatico. “Esigenza, questa, vitale per l’umanità”. Parole inequivocabili. Le ricette semplicistiche, gli imbonitori e la Conferenza di Bonn Parole inequivocabili come quelle pronunciate alla Conferenza sul cambiamento climatico svoltasi nel Campus delle Nazioni Unite a Bonn, lo scorso 28 settembre: "Per troppo tempo abbiamo affrontato in modo inadeguato la questione della tutela dell'ambiente, opponendo artificiosamente fra loro le ragioni della gestione dell'esistente a quelle del futuro dei nostri figli e nipoti. Inadeguato. Perché abbiamo pensato di poterla affrontare procedendo in ordine sparso, con lo sguardo rivolto alle scoperte del passato, con risorse ordinarie, con strumenti obsoleti. È invece soltanto attraverso la cooperazione tra Stati, l’adesione agli obiettivi condivisi nell’ambito delle Nazioni Unite e le risorse straordinarie che possiamo imprimere l’indispensabile accelerazione alla lotta al cambiamento climatico, per andare alla transizione energetica globale. C’è, spesso, contraddizione tra lo sforzo di individuare obiettivi in sede internazionale e le politiche poi messe in atto, concretamente in campo, in sede nazionale, pur dagli stessi decisori. Ma le conseguenze dei nostri ritardi sono sotto gli occhi di tutti”. Un richiamo - come si legge in queste righe - quindi ancor più netto, più forte, più chiaro. Quella di Bonn era una tappa della sua Visita di Stato in Germania, un seminario delle Nazioni Unite insieme al Capo di Stato tedesco, l’amico Steinmeier. "Esiste l'urgenza di una transizione energetica che sia concreta, pragmatica, sostenibile ed efficace", spiega Mattarella, che poi rimarca l’intensificazione della frequenza delle catastrofi naturali che condiziona ogni aspetto della nostra vita, devastando interi territori e mietendo vittime. La conclusione racchiude poi il senso di tutto il ragionamento. “Se vogliamo lasciare alle future generazioni un pianeta dove l'umanità possa vivere e prosperare in pace, ovunque dovremo compiere, tutti insieme, progressi decisivi". Tutti insieme quindi… un invito ai grandi della Terra a ragionare insieme sul futuro verso l’auspicata neutralità climatica. Un progetto ambizioso, certo – dice il Capo dello Stato – che può essere realizzato guardando a un’Unione dell’energia, sul modello dell’antesignana e lungimirante collaborazione in materia di acciaio e carbone che diede avvio al percorso di integrazione europea. Mattarella ricorda come la congiuntura internazionale sia fitta di insidie e di sfide. Tra guerre ai nostri confini e crisi economiche: questioni che insieme a clima ed energia interpellano la nostra sovranità, e che ci devono spingere sempre più verso la cooperazione, verso la solidarietà. la mutualità e la responsabilità. Appunto. Con un affondo: “Ricette semplicistiche per problemi complessi, come quelli che dobbiamo affrontare, sono adatte agli imbonitori”. La neutralità climatica e il futuro dei giovani Ma cos’è la neutralità climatica? È la riduzione delle emissioni di gas serra il più possibile per bilanciarle con quelle che vengono rimosse dall'atmosfera, in modo da limitare il riscaldamento globale e mitigare gli effetti del cambiamento climatico, dall'innalzamento del livello del mare, agli eventi meteorologici estremi, ai cambiamenti negli ecosistemi. Ebbene, Mattarella spiega che può essere perseguita con l'affrancamento dai combustibili fossili pur da parte di industrie che si caratterizzano per un elevato consumo di energia. Un sistema energetico sostenibile, in grado di coniugare un'ambiziosa politica climatica con la salvaguardia delle filiere industriali, della crescita e del benessere. “La profonda integrazione fra i nostri sistemi produttivi e il peso specifico dell'interscambio bilaterale - spiega il Capo dello Stato - impone di rendere sempre più condiviso il percorso comune verso il raggiungimento degli obiettivi che in ambito europeo ci siamo posti in termini di neutralità climatica, generando anche nuove opportunità di collaborazione industriale". Senza contare poi - come dicevamo - dello sviluppo della ricerca e della tecnologia in modo da generare anche nuove opportunità lavorative e di collaborazione industriale. Mattarella conclude poi la sua relazione di Bonn con una nota che sa di sprone… e di orgoglio: “Quella sul clima - dice - è una sfida per l'innovazione in cui si gioca il futuro e poco importa che il peso dell'Unione Europea sul piano dell'equilibrio ecologico globale sia minore di altri colossi industriali che si attardano, invece, contribuendo in modo decisivo all'inquinamento del pianeta. Le loro scelte appaiono fuori tempo ed è orgoglio dell'Europa proporsi di puntare al futuro". Orgoglio dell’Europa e futuro dei giovani… futuro del pianeta.

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