Meloni convince Trump ad aprire un negoziato con l’Ue sui dazi. Ma il difficile viene ora

Giorgia Meloni ha ottenuto un primo risultato politico significativo con la sua visita alla Casa Bianca da Donald Trump: la disponibilità di massima del presidente americano a cercare un accordo commerciale con l’Unione Europea e, soprattutto, l’accreditamento di Roma come interlocutore privilegiato verso l’alleato di oltre Atlantico. Meloni si è dimostrata in linea con il comandante in capo di Washington pur senza abbandonare le posizioni dell’Europa: per Roma infatti l’obiettivo è evitare qualsiasi spaccatura tra le due sponde e mantenere coesa la partnership transatlantica. Tra un’apertura a Trump sulle comuni battaglie culturali e ideologiche, dalla lotta all’agenda woke al sostegno ai valori tradizionali conservatori, e una sponda col tycoon con il sostegno dichiarato all’obiettivo di “rendere l’Occidente nuovamente grande”, Meloni è riuscita a strappare a Trump l’impegno a una prossima visita in Italia, in occasione della quale potrebbe incontrare i vertici delle istituzioni comunitarie con cui finora si è rifiutato di dialogare. La sfida di concretizzare le promesse Il difficile, in ogni caso, viene ora. Trump, infatti, non ha certo cambiato idea sull’utilità dei dazi imposti a partner e alleati. Lo ha ammesso esplicitamente rispondendo ai giornalisti dopo il bilaterale con la premier italiana. E personalmente ha inteso la visita di Meloni come uno dei più importanti segni del fatto che gli Stati del pianeta starebbero facendo la coda per dialogare con la sua amministrazione, come a presentare una rinnovata centralità dell’America. "Ogni nazione vuole incontrarci, e oggi tocca all’Italia!", ha dichiarato su Truth il tycoon prima dell'arrivo di Meloni. Ma al netto della tipica personale autocelebrazione del presidente, il dato politico è chiaro: “È stata la prima volta che Trump ha espresso pubblicamente fiducia nei negoziati commerciali con l'Europa, che ha spesso denigrato e accusato di derubare gli Stati Uniti in materia commerciale e di non fare la sua parte in materia di difesa”, nota Politico.eu. Dopo che a lungo Trump e il suo segretario di Stato Marco Rubio si sono rifiutati di incontrare le rappresentanti politiche e diplomatiche dell’Ue, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune Kaja Kallas, lo spazio negoziale sembrava alquanto compresso. Ora si intravede una finestra d’opportunità, anche se chiaramente la partita resta in salita: sull’Ue continuano a gravare i dazi su acciaio, alluminio e automobili ed è solo sospesa per 90 giorni l’imposizione delle tariffe “reciproche” al 20%, che da inizio luglio rischiano di impattare profondamente sull’economia europea. La necessità di un negoziato franco e diretto La visita di Meloni può sbloccare l’impasse e ridare fiato ai negoziati tra funzionari Ue e Usa consentendo un contatto politico ai massimi livelli. “Finora, Trump ha dato priorità ai colloqui con Giappone, Corea e altre nazioni dell'Indo-Pacifico”, prosegue Politico.eu, “nella speranza di aumentare la pressione sulla Cina". L'amministrazione americana e le controparti asiatiche hanno avviato negoziati molto franchi e diretti, mentre il Financial Times ha sottolineato che i funzionari europei “hanno lamentato il fatto che non sono state presentate loro le richieste degli Stati Uniti dopo il rifiuto della proposta sull’annullamento dei dazi su molte classi di prodotti” deciso da Trump, come a sottintendere un’esplicita volontà dilatatoria. Se trattativa sarà, dovrà essere chiara e diretta, e dunque condotta politicamente ai massimi livelli tra Usa e Ue. “La lista d’attesa è lunga: “90 accordi commerciali in 90 giorni” ha detto Peter Navarro, il guru dei dazi trumpiani. Chiunque abbia fatto negoziati commerciali scuote penosamente la testa”, ha dichiarato l’ambasciatore Stefano Stefanini, Senior Advisor di Ispi, aggiungendo che a cambiare le condizioni intervenisse “uno sblocco politico che può venire solo da Donald Trump”. Meloni, indubbiamente, ha fatto un primo passo. Ma il pallino del gioco resta in mano al comandante in capo Usa: solo dalle decisioni della Casa Bianca si potrà capire se la spinta all’unità transatlantica del governo italiano sarà assecondata da un’amministrazione che finora sta facendo dell’unilateralismo la cifra distintiva della sua politica su ogni dossier.

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