Alla vigilia dell'8 marzo, Giorgia Meloni e la sua squadra hanno dato il via libera al testo che crea una nuova fattispecie di delitto, distinguendola così dall'omicidio. Il ministro Nordio: "Novità epocale". Roccella: "C'è un'assimetria evidente fra le uccisioni di donne da parti di uomini rispetto al contrario, che sono numeri quasi inesistenti"
Dal governo arriva una stretta sui reati legati alla violenza di genere. Il Consiglio dei ministri di oggi, simbolicamente convocato alla vigilia dell'8 marzo, Giornata internazionale della donna, ha approvato un disegno di legge che prevede l’introduzione del delitto di femminicidio nell’ordinamento italiano, che diventerebbe quindi una fattispecie autonoma rispetto all’omicidio. "Femminicidio - ha spiegato la ministra Roccella presentando il provvedimento - è una parola che usiamo abitualmente ma fino adesso non era mai entrata nel codice. Questa è davvero una novità dirompente, non solo giuridica ma anche sul piano culturale". Le fa eco il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che parla di una modifica "epocale". Il ddl prevede anche aggravanti e aumenti di pena per i reati di maltrattamenti personali, stalking, violenza sessuale e revenge porn. E ancora, per le pratiche di mutilazioni degli organi genitali femminili che riguardano tante migranti che vivono in Italia. Pene più dure anche per chi provoca lesioni permanenti al viso, come quelle provocate dal lancio di acido, ma anche per l'omicidio preterintenzionale, l'interruzione di gravidanza non consensuale, gli atti persecutori e chi costringe con la forza una donna a compiere o subire abusi sessuali. La premier Giorgia Meloni, assente alla conferenza stampa, rivendica l'azione del governo nel "dare una sferzata nella lotta" alla "intollerabile piaga" della violenza di genere. Il provvedimento viene visto come un nuovo passo verso la nascita di un Testo Unico contro le violenze di genere.
Il nuovo reato di femminicidio
Il ddl va dunque a modificare il codice penale: al momento sono previste aggravanti per l’omicidio di una donna solamente se il responsabile è legato alla vittima dal matrimonio o da un rapporto di parentela. La nascita del reato di femminicidio non tiene invece conto di vincoli di vario tipo tra vittima e omicida. Il provvedimento prevede quindi che "chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l'esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l'espressione della sua personalità, è punito con l'ergastolo. Fuori dei casi di cui al primo periodo, si applica l'articolo 575" - cioè l'omicidio - che prevede una pena non inferiore a 21 anni.
Roccella: "Nuovo reato per rimarcare questioni strutturali della società"
L'introduzione del nuovo reato, spiega la ministra alle Famiglia e alle Pari Opportunità Eugenia Roccella, serve a "rimarcare l'assoluta specificità del femminicidio che dipende da questioni strutturali della società". Anche perché, aggiunge, "nonostante gli strumenti innovativi già adottati il numero dei femminicidi non cala, ogni tre giorni una donna muore". In conferenza stampa, Roccella ha evidenziato come la diversità del femminicidio dall'omicido è dimostrata "da un'assimetria evidente fra le uccisioni di donne da parti di uomini rispetto al contrario, che sono numeri quasi inesistenti".
Le altre novità
Il testo prevede introduce specifici obblighi informativi in favore dei prossimi congiunti della vittima di femminicidio; interviene sui benefici penitenziari per autori di reati da codice rosso; introduce, in favore delle vittime di reati da codice rosso, un diritto di essere avvisate anche dell'uscita dal carcere dell'autore condannato, a seguito di concessione di misure premiali; estende alla fase della esecuzione della condanna al risarcimento il regime di favore in tema di prenotazione a debito previsto per i danneggiati dai fatti di omicidio "codice rosso" e di femminicidio.

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Scatta anche l’obbligo di audizione da parte del pm (e non della polizia giudiziaria) della vittima di reati del Codice rosso, che vanno dallo stalking allo stupro, su sua richiesta. Se la vittima è morta, vanno sentiti i suoi parenti. Si introduce poi un altro obbligo a carico dei giudici, che dovranno sentire il parere delle vittime o dei loro parenti (seppur non vincolante) sulle eventuali richieste di patteggiamento, sempre per i reati del Codice rosso. Qualora il parere fosse disatteso, il giudice dovrà motivarne il perché. Lo stesso vale nei casi di liberazione, attenuazione delle misure nei confronti del detenuto o modifica del suo trattamento penitenziario. "La vittima diventa protagonista della dialettica processuale", riassume il ministro Nordio. Previsto poi il rafforzamento di alcuni elementi di carattere repressivo, a partire dall’ampliamento degli arresti domiciliari per i colpevoli di violenza.
Il ricorso agli arresti domiciliari
Come spiegato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ddl introduce anche la “presunzione di adeguatezza degli arresti domiciliari come misure cautelari”, nel senso che si applicheranno sempre in prima battuta nei casi dei reati più gravi nell’ambito della violenza di genere e domestica.

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Gli obblighi formativi dei magistrati
Nel testo anche un potenziamento delle comunicazioni informative sui propri diritti alle parti offese, insieme a "un'attenzione alla formazione dei magistrati", spiega la ministra Roccella: "Il problema è intervenire prima del fattaccio, prima che ci sia il femminicidio, con gli strumenti delle misure cautelari in modo intelligente accorgendosi subito di quanto sta avvenendo". Si introduce l'obbligo per i magistrati di partecipare ad almeno uno specifico corso tra quelli organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, indipendentemente dalla appartenenza a gruppi o sezioni specializzate in materia e dalle funzioni svolte.
Verso lo stop all'imposta di risarcimento
Al di là del ddl approvato oggi, Il Sole 24 Ore scrive come il governo stia pensando anche a una norma per impedire casi simili a quello denunciato dalla madre di Giulia Galiotto, uccisa nel 2009 dal suo ex compagno. I genitori della donna avevano sottolineato come il Fisco avesse chiesto loro di pagare le imposte sul risarcimento a cui era stato condannato l'omicida, nonostante loro non lo avessero mai ricevuto. Si starebbe dunque pensando all'abolizione dell'imposta di risarcimento.
