Perché l'affluenza alle ultime regionali è stata così bassa

Alle recenti elezioni regionali in Emilia-Romagna e Umbria ha votato rispettivamente il 46,4% e il 52,3% degli aventi diritto. Il dato è molto basso, ma appare ancora più significativo se raffrontato con i precedenti: 67,7% alle regionali emiliano-romagnole del 2020 e 64,9% a quelle umbre del 2019, per un calo dunque di 21 punti in Emilia-Romagna e 12 in Umbria. La maglia nera dell’affluenza alle regionali spetta comunque al voto in Lazio del febbraio 2023, quando fu pari al 37,2%, seguito dalle elezioni regionali in Emilia-Romagna del 2014 e da quelle in Lombardia del 2023 . La differenza con le nazionali Ma la scarsa affluenza non riguarda solo il voto per presidenti e consigli regionali. Alle ultime elezioni europee in Italia, quelle dell’8 e del 9 giugno 2024, ha votato il 48,3% degli aventi diritto: questo ha rappresentato il dato più basso di affluenza in un’elezione italiana a livello nazionale , nonostante il fatto che in contemporanea si sia votato per le amministrative in numerosi comuni e per le regionali in Piemonte. Certamente si nota come alle regionali l’affluenza tenda ad essere mediamente più bassa delle elezioni politiche e anche delle elezioni comunali, e il motivo è rinvenibile nel fatto che le regioni sono le istituzioni meno sentite dai cittadini: da una parte, infatti, i sindaci sono molto vicini ai cittadini, occupandosi della quotidianità amministrativa concreta, mentre dall’altra le istituzioni dello Stato centrale - a partire da Governo e Parlamento - si occupano di questioni di ampio respiro ma comunque molto sentite perché, banalmente, se ne parla su tutti i mezzi di informazione. Le regioni, invece, restano in quella “terra di mezzo” in cui non è nemmeno chiaro, alla maggioranza della popolazione, di cosa si occupano, scoraggiando la partecipazione popolare al voto. L'Election Day e le altre proposte Il calo dell’affluenza riguarda comunque tutte le varie tipologie di elezioni negli ultimi anni. Una proposta avanzata per contenere questo fenomeno - contenuta nel Libro bianco sull’astensionismo pubblicato nel 2022 dal Dipartimento delle riforme istituzionali del Governo ma rilanciata pochi giorni fa dal leader di Azione Carlo Calenda - è quella dell’election day: accorpare tutte le elezioni dell’anno in un’unica giornata, così da far sì che le elezioni più sentite trainino l’affluenza di quelle meno sentite. Effettivamente, nel corso del 2024 ci sono state numerose tornate elettorali: in Sardegna il 25 febbraio, in Abruzzo il 10 marzo, in Basilicata il 21 e il 22 aprile, in Piemonte l’8 e il 9 giugno insieme alle europee e al primo turno delle amministrative, poi il 22 e il 23 giugno per i ballottaggi, il 27 e il 28 ottobre in Liguria e il 17 e il 18 novembre, per l’appunto, in Emilia-Romagna e Umbria. Sicuramente ci sarebbe anche una riduzione dei costi derivante dall’accorpamento di più elezioni, oltre che un minor clima da campagna elettorale permanente. Un’altra proposta contenuta nel Libro bianco sull’astensionismo del 2022 è quella dell’election pass, un certificato elettorale digitale in sostituzione delle tessere elettorali cartacee: i cittadini non dovranno così più preoccuparsi dello smarrimento o del rinnovo di queste ultime. Oppure ancora, viene suggerito il voto anticipato presidiato - che consentirebbe all’elettore di esercitare il diritto di voto nei giorni precedenti l’election day in qualunque parte del territorio nazionale, con la scheda inviata e scrutinata al seggio di residenza. Sicuramente queste sono tutte proposte utili a ridurre l’astensionismo e a non far sì che sia una minoranza a decidere per tutti. Ma per favorire la partecipazione elettorale, forse, sarebbe ancora più importante lavorare per capire e ridurre la disaffezione crescente dei cittadini alla politica.