Secondo l’esecutivo Ue, l’Italia non ha rispettato i diritti dei lavoratori mobili di altri Stati membri dell’Ue per quanto riguarda le prestazioni familiari loro concesse
La Commissione europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver rispettato i diritti dei lavoratori mobili di altri Stati membri dell’Ue per quanto riguarda le prestazioni familiari loro concesse.
L’oggetto della contesa giuridica è l’assegno unico e universale per i figli a carico: i lavoratori che non risiedono in Italia per almeno due anni o i cui figli non risiedono in Italia non possono beneficiarne. Si tratta, secondo Bruxelles, di "una discriminazione" e di una violazione "del diritto Ue in materia di coordinamento della sicurezza sociale e di libera circolazione".
Le motivazioni
L'esecutivo Ue ritiene che l'esclusione dei lavoratori mobili stranieri renda lo schema italiano incompatibile con il diritto comunitario. Uno dei principi fondamentali dell'Ue, evidenzia Bruxelles, "è che le persone siano trattate equamente senza alcuna distinzione basata sulla nazionalità". Secondo "questo principio di base, i lavoratori mobili dell'Unione europea che contribuiscono allo stesso modo al sistema di sicurezza sociale e pagano le stesse tasse dei lavoratori locali hanno diritto alle stesse prestazioni di sicurezza sociale”, sottolinea l’esecutivo Ue. Secondo il principio di parità di trattamento, viene spiegato, "i lavoratori mobili dell'Ue che lavorano in Italia senza risiedervi, coloro che si sono trasferiti di recente in Italia o coloro i cui figli risiedono in un altro Stato membro, dovrebbero ricevere le stesse prestazioni familiari degli altri lavoratori in Italia". Inoltre, nel regolamento Ue sul coordinamento della sicurezza sociale è proibito "qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come le prestazioni familiari".
Nel 2023 lettera di costituzione in mora all'Italia
La Commissione europea aveva già inviato una lettera di costituzione in mora all'Italia nel febbraio 2023, a cui ha fatto seguito un parere motivato nel novembre 2023. La risposta dell'Italia tuttavia "non ha affrontato in modo sufficiente le preoccupazioni", sottolinea Bruxelles, annunciando così la decisione di deferire il caso alla Corte di giustizia Ue.
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