Giorgia Meloni contro utero in affitto e "ideologia gender": "Donne prime vittime"

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La premier ha attaccato la pratica, definendola “la schiavitù del terzo millennio”. Poi sul tema dell’identità di genere: “Maschile e femminile sono radicati nei corpi ed è un dato incontrovertibile”. Sostegno da Arcilesbica: “Non si è donna essendo di sesso maschile per la sola autodichiarazione”. Arcigay: “Rivendichiamo il diritto all'autodeterminazione di ogni persona”

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Prima l’attacco alla pratica dell’utero in affitto, definita “la schiavitù del terzo millennio”, poi l’intervento sulla cosiddetta “teoria gender” di cui “le donne sono le prime vittime”: è destinata a far discutere l’intervista che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha concesso a Grazia, in edicola domani. Tra i temi toccati, come detto, c’è quello dell’utero in affitto: “È la legge italiana a dire che questa pratica non è lecita, non io. Non credo che commercializzare il corpo femminile e trasformare la maternità in un business possano essere considerate delle conquiste di civiltà. L'utero in affitto è la schiavitù del terzo millennio e non mi rassegnerò mai all'idea che possa essere l'esito di secoli di lotte per i diritti delle donne”.

Meloni: "I bambini hanno il diritto di avere una mamma e un papà"

"Ho avuto la fortuna di avere una madre e una famiglia che non mi hanno mai fatto mancare nulla, ma non posso dire che l'assenza di mio padre non abbia pesato nella mia vita. L'ho capito pienamente quando lui è morto, e mi sono resa conto della profondità della sofferenza che il suo vuoto aveva creato in me – ha proseguito Meloni – Non conosco nessuno che rinuncerebbe a uno dei propri genitori o che sceglierebbe di essere cresciuto solo dal padre o dalla madre. I bambini hanno il diritto di avere il massimo: una mamma e un papà", ha aggiunto la presidente del Consiglio rispondendo alla direttrice Silvia Grilli che le ha chiesto se sia "importante per il bene dei figli avere sia un padre sia una madre? che i genitori siano di sesso opposto?".

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“Ideologia gender a discapito donne”

La presidente del Consiglio, nel corso dell’intervista, ha poi toccato uno dei temi più dibattuti in materia di diritti civili: l’identità di genere. “Oggi si rivendica il diritto unilaterale di proclamarsi donna oppure uomo al di là di qualsiasi percorso, chirurgico, farmacologico e anche amministrativo”, ha detto la premier. “Maschile e femminile sono radicati nei corpi ed è un dato incontrovertibile. Tutto questo andrà a discapito delle donne? Credo proprio di sì: oggi per essere donna, si pretende che basti proclamarsi tale, nel frattempo si lavora a cancellarne il corpo, l'essenza, la differenza. Le donne sono le prime vittime dell'ideologia gender. La pensano così anche molte femministe”, ha aggiunto Giorgia Meloni.

Arcilesbica: “D’accordo con Meloni”

E su quest’ultimo passaggio è intervenuta la presidente di Arcilesbica Cristina Gramolini, sostenendo le parole della premier: “Sono d'accordo con la Meloni sul fatto che dare la possibilità ad un uomo di dichiararsi donna, al di là di qualsiasi percorso chirurgico, farmacologico e amministrativo, danneggi le donne. Concordo con il fatto che non si può saltare il corpo sessuato, cioè non si è donna essendo di sesso maschile per la sola autodichiarazione, questo nuocerebbe alla realtà e alle donne , ad esempio negli sport femminili o nelle politiche di pari opportunità". Poi Gramolini ha aggiunto: “Penso anche che l'ideologia gender  è giusta, giusta quando dice che si è uomini e donne nel tempo in modi diversi, che non è naturale la maschilità e la femminilità, mentre è naturale il corpo femminile e maschile. I ruoli sessuali sono storici, i corpi sono naturali”.

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Arcigay: “Rivendichiamo diritto autodeterminazione”

Di tutt’altro tenore, invece, la risposta di Arcigay: “Quella che Meloni definisce sommariamente 'proclamazione' non è un atto arbitrario, un'alzata d'ingegno, un vezzo o un capriccio, è l'affermazione della propria identità di genere. L'identità di genere è la percezione stabile che ogni persona ha di sé. Tutte le persone hanno una identità di genere che è indipendente dal sesso che ci è stato assegnato alla nascita. Gli studi di genere - che non sono un'ideologia ma un ambito di studi che tiene assieme punti di vista anche dissimili - non negano i corpi in cui nasciamo, né la differenza tra essi, ma mettono in discussione i ruoli di genere costruiti socialmente in base a questa differenza e i rapporti di potere che ne derivano”, ha detto la presidente nazionale dell'Arcigay Natascia Maesi. "Rivendichiamo il diritto all'autodeterminazione di ogni persona, il riconoscimento di tutti i percorsi di affermazione di genere sia quelli che prevedono il ricorso a terapie ormonali ed interventi chirurgici, sia quelli non medicalizzati, perché chi ha una l'identità di genere non conforme alle aspettative sociali non ha una patologia da curare e non è una minaccia per la società, tanto meno per le donne, che sanno benissimo cosa vuol dire pagare il prezzo della propria differenza".

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