Transizione di genere, Sky TG24 nel centro pubblico della Lombardia

Cronaca
Emanuela Ambrosino

Emanuela Ambrosino

La struttura prende in carico chi decide di intraprendere il processo di cambio di sesso. Vengono seguiti oltre 500 pazienti e ci sono 140 persone in lista di attesa

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Al via in primavera il registro alias del Comune di Milano per chi sta cambiando genere. Sarà possibile, per quelle persone che vivono in un limbo giuridico, modificare il nome su documenti e certificati in attesa della conclusione giuridica di rettifica dell'anagrafe. Siamo entrati oggi nell'unico centro pubblico della Lombardia che prende in carico chi decide di intraprendere il processo di transizione di genere. Abbiamo intervistato il responsabile del centro dell’ospedale Niguarda di Milano che segue oltre 500 pazienti e dove ci sono 140 persone in lista di attesa. Ci ha spiegato quanto dura il percorso e quali sono gli step, e ci ha raccontato alcune storie di chi ha avviato o completato la transizione.

centro milano disforia genere

Oltre 140 in lista d'attesa per cambiare sesso 

“Mica tutti quelli che completano il percorso di transizione lo fanno con l’intervento chirurgico ai genitali!”. Maurizio Bini dirige il reparto della Disforia di genere dell’ospedale Niguarda, il solo interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale in tutta la regione a cui si rivolge chi vuole cambiare sesso e completare un percorso di transizione che si concluderà con la rettifica anagrafica. Ma anche su quest’ultimo aspetto, ci sono delle eccezioni, precisa Bini, che nel corso della mattinata ci fornisce chiavi di lettura molto diverse anche se in apparente contraddizione. Partiamo dai numeri. In questo momento ci sono 100 persone in valutazione psicologica che non hanno ancora iniziato la cura ormonale. Oltre 500 che stanno facendo la terapia. Di queste la metà ha completato l’iter con l’intervento finale. 140 sono in lista di attesa per la prima valutazione. Nel privato i tempi sono più veloci ma i costi sono spesso proibitivi.

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Maurizio Bini

L’iter per cambiare sesso: dalla prima valutazione psicologica alla modifica anagrafica

L’iter è lungo. Può richiedere anni, e non sempre va a buon fine. Il primo step è la ricetta del medico di base dove si richiede una visita per “adeguamento”, una parola usata per garantire la privacy. Se la persona che vuole iniziare il percorso è un minore dovrà essere accompagnato da entrambi i genitori. Il primo colloquio preliminare viene fatto dal responsabile del centro. “Non facciamo nulla che leda la salute, che viene prima di tutto. La prima cosa che io spiego è che la cura sarà tarata sul singolo e adeguata in funzione dei fattori di rischio”. Nel corso del day hospital vengono fatte tutte le analisi necessarie per stabilire le condizioni fisiche del paziente. Il secondo step riguarda la valutazione psichica che dura almeno 6 mesi. Lo psichiatra valuta che le aspettative siano realistiche e che non esistano altre condizioni di disagio mentale. Solo con il nulla osta dello psichiatra e con il nulla osta del medico responsabile viene prescritta la terapia ormonale idonea. Prima però è possibile mettere da parte i gameti per una futura riproduzione. 

"La transizione deve essere gestita nel rispetto della salute fisica e psicologica"

“Non deve avere fretta chi arriva qui, non deve essere ossessionato dal risultato e non deve perdere di vista chi è e come parte. La transizione deve essere gestita da noi, nel rispetto della salute fisica e piscologica”. Per questa ragione le analisi sono continue cosi come proseguono gli incontri con gli psicologi. Una volta che il fisico è cambiato e che la cura va a buon fine, se la persona è ancora determinata a proseguire e a cambiare ufficialmente sesso, in assenza di controindicazioni vengono rilasciati altri due certificati medici e psichiatrici con i quali un avvocato presenta istanza al tribunale di residenza. Solo quando arriva la sentenza positiva del giudice che autorizza in modo formale il cambiamento, viene autorizzata la chirurgia definitiva. Dal 2015 non è più necessario sottoporsi all’intervento chirurgico ai genitali per potere cambiare l’anagrafica. E così solo il 30 per cento di chi accede al percorso pubblico completa la transizione. Chi è arrivato fin qui può cambiare nome fino al certificato di nascita. Gli unici documenti immodificabili restano quelli religiosi.

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I racconti di chi intraprende un percorso doloroso e duro

“Si tratta di un percorso durissimo, e doloroso. Ormoni ed esami a vita. Bisogna mantenere uno stile di vita molto sano perché il fegato è sotto stress. Si può bere poco e non si dovrebbe fumare. Se possiamo evitare l’intervento, precisa Bini, è meglio. Sono operazioni complesse. E per tanti basta apparire uomo o donna, senza necessità di cambiare i genitali”. Ascoltando le storie di chi arriva in questo centro dopo anni di grandi difficoltà, spesso senza sostegni adeguati, capiamo che il percorso a volte non si conclude mai. Che non sono solo gli ormoni e gli interventi a fare la differenza, ma è il vissuto, la storia personale. “Ho incontrato coppie sposate dove uno dei due ha intrapreso il percorso di transizione e che sono rimasti insieme. È più facile accettare il cambio di sesso o sessualità che lasciarsi e proseguire la strada da soli. In quel caso non richiedono il cambio di nome all’anagrafe perché perderebbero lo status matrimoniale.” “È venuto un ragazzo di una ventina di anni", racconta Bini, "ha fatto il percorso per diventare donna, una volta completato l’intervento per le mammelle si è innamorato di un’altra donna e ha sospeso il percorso. Ma quando è finita la loro storia ha deciso di farsi operare nonostante fossero passati tanti anni”.

"Nessuno ricorda come ero, ora lo voglio dimenticare anche io"

C’è chi non ha la forza e il coraggio per intraprendere un processo così impegnativo da giovane. C’è chi la trova in tarda età. Nel centro entra una donna di una settantina di anni, che ha trovato la determinazione solo ora per completare la sua transizione. “Nessuno ricorda come ero, ora lo voglio dimenticare anche io, meglio tardi che mai”. In questo lungo corridoio con le parete spoglie, c’è chi viene a ritirare gli ormoni, chi fa i primi prelievi del sangue e chi aspetta la valutazione dello psichiatra per potere proseguire. C’è un uomo con il girello, ha difficoltà a deambulare. È un malato terminale che vuole completare velocemente il cambio di sesso. Gli resta poco da vivere e vuole che sulla sua tomba ci sia il nome in cui si è sentito libero e felice. Non ha avuto il coraggio di farlo prima.

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