Dopo il voto: Meloni, Letta e la legislatura costituente

Politica

Massimo Leoni

Ritorna "La Guida" di Massimo Leoni. Dopo le elezioni, per aiutarci a capire cosa succede adesso

 

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Le prime mosse di Giorgia Meloni sono state molto istituzionali (LA GIORNATA). Innanzitutto il silenzio, che rigenera un po’ tutti dopo una campagna elettorale a voci alte, spesso altissime. Poi la parola responsabilità, che fa capolino anche nel comunicato congiunto con la Lega al termine dell’incontro con Salvini. Non è dato sapere quanti problemi abbia risolto e quanti, invece, ne abbia creati. È lecito pensare però che uno degli argomenti della conversazione sia stato la prima tappa da affrontare perché la legislatura cominci: le presidenze delle due Camere. In quella precedente si era ripresa – per amore o per forza – la regola inderogabile della prima Repubblica: una presidenza alla maggioranza, una all’opposizione, regola negata solo nel periodo del governo Draghi, quello del tutti dentro meno uno. Adesso quel meno uno ha il pallino in mano. Forza egemone di una maggioranza ampia.

L'ipotesi Letta per una presidenza

Nelle ultime ore, le voci del palazzo raccontano che intenzione di Giorgia Meloni sia di offrire all’opposizione una presidenza. E subito si è fatto il nome di Enrico Letta. Bisogna considerare che le voci sono state innescate dal Pd, che lascia, ovviamente, che si diffondano. Vanno prese con le pinze, ma va considerato l’ottimo rapporto tra Giorgia ed Enrico, non inclinato nemmeno dall’aspra competizione elettorale anzi forse rafforzato nella reciproca stima, pur se tra personaggi lontanissimi. L’ipotesi, oltre ad avere un profumo di cavalleria, dimenticata in politica, diventerebbe il primo indizio che il metodo di lavoro della maggioranza non è quello di non fare prigionieri. E anche un buon viatico per le famose e un po’ consunte riforme istituzionali. I numeri non le permettono a colpi di maggioranza, e meglio così. E allora, offrire una presidenza all’opposizione è porre la prima pietra per una legislatura costituente, dove da una parte c’è una maggioranza che governa dall’altra istituzioni che collaborano lealmente, come da dettato costituzionale. Il luogo delle riforme – assemblea costituente o bicamerale – può essere importante. Ma questa è la base.

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