"Numeri - La sfida del voto": le cifre del Reddito di cittadinanza

Politica

La misura cavallo di battaglia del M5s resta al centro del dibattito politico a pochi giorni dalle elezioni del 25 settembre. I partiti hanno posizioni diverse, tra chi la vorrebbe "rafforzare" e chi invece modificare profondamente. Questo il tema principale al centro della puntata di “Numeri - La sfida del voto", il format di Sky TG24 dedicato alle imminenti elezioni politiche, in onda dal lunedì al venerdì dalle 18.30 alle 19:00

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Il Reddito di cittadinanza resta un tema centrale del dibattito politico a ormai soli tre giorni dalle elezioni politiche del 25 settembre. I partiti hanno posizioni diverse sulla misura, tra chi la vorrebbe "rafforzare" e chi invece modificare profondamente. Questo il tema principale al centro della puntata di “Numeri – La sfida del voto”, il format di Sky TG24 dedicato alle imminenti elezioni politiche, in onda dal lunedì al venerdì dalle 18.30 alle 19:00 (LO SPECIALE DI SKY TG24: VERSO IL VOTO - GLI AGGIORNAMENTI LIVE - TUTTI I VIDEO - CASA ITALIA: LE INTERVISTE AI LEADER POLITICI - TROVA IL TUO PARTITO: IL QUIZ DI SKY TG24 - TROVACOLLEGIO - SEGGIOMETRO - COME SI È ARRIVATI AL VOTO?).

 

Le posizioni dei partiti sul Rdc

Sul Reddito di Cittadinanza i programmi dei vari partiti sono molto diversi. Il M5s, che di questa misura ha fatto il suo cavallo di battaglia, propone un “rafforzamento dell’attuale sistema” per renderlo più efficiente. Il Pd invece propone di aumentare gli importi per le famiglie numerose, eliminare i disincentivi al lavoro e ridurre il requisito minimo di 10 anni di residenza in Italia. Il Terzo Polo propone di consentire alle agenzie private di affiancare i centri per l’impiego e di rimuovere il sussidio dopo il rifiuto di un’offerta di lavoro. Propone anche una perdita parziale dell’importo dopo 2 anni. Mentre il programma unitario del Centrodestra prevede di sostituire il Rdc con misure più efficaci di inclusione sociale e di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro.

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Se si guarda poi alla posizione lavorativa dei beneficiari del Reddito di cittadinanza, si vede che quasi la metà (46%) ha un lavoro ma guadagna poco ed è sotto le soglie di reddito. Quasi un terzo (32%) poi non può lavorare. L’11% è invece in grado di lavorare ma non è mai stato contattato. Il 5% ha accettato un lavoro, mentre il 6% lo ha rifiutato. E perché questo lavoro viene rifiutato? Per il 54% non è in linea con le competenze e per il 24% non è in linea con il titolo di studio. Il 12% sostiene che avrebbe uno stipendio più basso, mentre l’8% dice che il nuovo lavoro sarebbe troppo lontano da casa. Il 2% invece indica motivi familiari alla base del rifiuto.

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Per quasi l’80% di chi lo riceve, il Rdc è indispensabile per il proprio sostentamento. E questo tema avrà un ruolo pesante nella votazione del 25 settembre, anche a livello geografico, soprattutto per le aree dove il Reddito viene percepito maggiormente, e quindi al Sud Italia. Inoltre va considerato che gli elettori in famiglie con il Rdc sono 1,6 milioni, cioè il 3% dell'elettorato. In Campania il dato è al 15%, in Sicilia a 13%, in Calabria al 12%, in Puglia all'8%, mentre in Lombardia si ferma al 2% e in Veneto all'1%.

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Lo scostamento di bilancio

Un altro tema caldo della campagna elettorale è lo scostamento di bilancio. Quello che si è fatto con il dl Aiuti ter, l’ultimo del governo Draghi, è stato fissare alcuni paletti: lo sconto sulle bollette è coperto fino al 31 dicembre, quello sui carburanti fino al 31 ottobre e gli aiuti alle imprese arrivano fino al 30 novembre. Il tema delle coperture da qui in avanti dovrebbe quindi essere affrontato dal prossimo governo, quello successivo all’esecutivo Draghi.

Il salario minimo

Un altro tema su cui i partiti hanno preso posizione è poi quello del salario minimo. Le ipotesi sulla questione sono diverse: il M5s è l’unico che dice di mettere una soglia minima per legge (9 euro lordi all’ora). Mentre nel programma del Centrodestra non si fa un esplicito riferimento al tema. Il Pd e il Terzo polo, con sfumature diverse, propongono di estendere i contratti collettivi a coloro che sono scoperti. In Italia però parlare di contratti nazionali è molto complicato perché ce ne sono tantissimi. In 10 anni, dal 2012 al 2022, questi, tra l'altro, sono quasi raddoppiati. Il 75% dei lavoratori è coperto da 54 grandi contratti nazionali, mentre il 25% è coperto da una quota di quasi 1000 contratti più piccoli.

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