
Dal 6 luglio, quando il presidente del Consiglio ha ricevuto Conte a Palazzo Chigi, al 14, quando il premier ha rassegnato le dimissioni, poi respinte da Mattarella: ecco i passaggi fondamentali che hanno portato alla crisi dell'esecutivo
Di Franco Ferraro

È il 6 luglio quando Draghi riceve Conte a Palazzo Chigi. Il premier ascolta, osserva, riceve dalle mani del suo predecessore un documento con le richieste del Movimento 5 Stelle. Della serie: queste le nostre condizioni per continuare a dare ossigeno al Governo. Chiede discontinuità Conte. E Draghi fiuta il pericolo. Ma esclude in cuor suo il deragliamento grillino. Crede, sbagliando, nel senso di responsabilità di Conte e degli ultimi rimasti intorno al fuoco
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L'ex premier esce da Palazzo Chigi e a tempo di record consegna con tono solenne ai cronisti parole piuttosto chiare: "Non abbiamo firmato nessuna cambiale in bianco e dato alcuna garanzia di restare al Governo"
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Draghi ci resta male. Ma come, riflette, sono stato schietto, ho aperto alle richieste del Movimento. E lui mi ripaga così? Tra le mani gli restano le carte con le richieste dei 5 Stelle. Le legge. Le passa al setaccio e il giorno dopo commenta: "Ci sono molti punti di convergenza". Un messaggio chiaro. Per chi vuole ascoltare
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Intanto l'emorragia degli abbandoni in casa grillina aggiorna i numeri. Conte fa finta di niente. Letta dal canto suo ostenta sicurezza: è l'11 luglio e non esita a sentenziare:"Il filo non si spezzerà". Ma ormai tra il Pd e i 5 Stelle è gelo

Chi non le manda a dire è Berlusconi. Nello stesso giorno il Cavaliere sbotta:"Draghi dica basta ai ricatti dei 5 Stelle"

Il 12 luglio ecco Grillo. Il comico dice:"Siamo a un bivio. È un momento difficile"

Salvini, che da qualche tempo è più low profile del low, ha quasi timore a esternare la voglia di elezioni. Quella stessa che Giorgia Meloni accarezza e scalda, sentendone l'inebriante profumo

Passano due giorni. Nuova telefonata tra Conte e Draghi: quest'ultimo ribadisce che senza il voto grillino sul decreto Aiuti al Senato salirà al Colle

Durante la conversazione il premier ripete al suo predecessore quanto aveva detto pubblicamente il giorno prima e cioè che il governo non può andare avanti sotto il pressing degli ultimatum. Ma ormai Conte e gli altri, non tutti gli altri, sia chiaro, hanno deciso. Il Governo è così agli sgoccioli

Dopo il voto in aula Draghi sale al Quirinale per dire a Mattarella che le dimissioni sono un atto dovuto. Il capo dello Stato le respinge. Si va, come ha detto Giorgetti, ai tempi supplementari. È il 14 luglio. Anniversario dell'inizio della Rivoluzione Francese. Aveva ragione Longanesi:"Un'idea che non trova posto a sedere e' capace di fare la rivoluzione“