A Palazzo Madama, il nuovo esecutivo ha ottenuto un’ampia fiducia. Ma nel Movimento hanno votato sì in 69 su 92, tra cui si contano 15 contrari, due assenti giustificati e altri 6 che non hanno partecipato al voto. Crimi: "I 15 senatori che hanno votato no saranno espulsi". Intanto ieri è arrivato l’ok di Rousseau per la nuova governance a 5 membri
Il voto di fiducia al Senato per il governo Draghi ha diviso il M5s (GOVERNO: TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE). La squadra dell'ex presidente della Bce vanta numeri record a Palazzo Madama, con i suoi 262 sì, 40 no e due astensioni. Nel M5s hanno votato sì 69 su 92, tra cui si contano 15 contrari, due assenti giustificati (Orietta Vanin in congedo e Francesco Castiello in missione) e altri 6 che non hanno partecipato al voto (Giuseppe Auddino, Elena Botto, Antonella Campagna, Emanuele Dessì, Vincenzo Garruti, Simona Nocerino). A spiccare sono proprio i cosiddetti “dissidenti” pentastellati, più della decina prevista nei giorni scorsi. Si tratta di Laura Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Barbara Lezzi, Matteo Mantero, Cataldo Mininno, Vilma Moronese, Nicola Morra, Fabrizio Ortis, Rosa Abate, Luisa Angrisani, Mattia Crucioli, Silvana Giannuzzi, Fabio Di Micco, Margherita Corrado.
Dissidenti verso espulsione
"I 15 senatori che hanno votato no alla fiducia saranno espulsi", ha annunciato su Facebook il capo politico del Movimento 5 stelle vito Crimi. "Sono venuti meno all'impegno del portavoce del Movimento che deve rispettare le indicazioni di voto provenienti dagli iscritti. Tra l'altro, il voto sul nascente Governo non è un voto come un altro. È il voto dal quale prendono forma la maggioranza che sostiene l'esecutivo e l'opposizione. Ed ora i 15 senatori che hanno votato no si collocano, nei fatti, all'opposizione". Per questo, prosegue il capo politico M5s, "non potranno più far parte del gruppo parlamentare del Movimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo. Sono consapevole che questa decisione non piacerà a qualcuno - conclude - ma se si pretende rispetto per chi la pensa diversamente, lo stesso rispetto si deve a chi mette da parte le proprie posizioni personali e contribuisce al lavoro di un gruppo che non ha altro obiettivo che quello di servire i cittadini e il Paese".
Il M5s si divide
Anche se resta il gruppo più numeroso al Senato con 92 parlamentari, il M5s segna un netto calo di consensi rispetto ai tre governi precedenti. Dal 2018 a oggi tra espulsioni e addii il Movimento ha “perso” 15 senatori, più due deceduti (Franco Ortolani nel 2019 e Vittoria Bogo Deledda nel 2020). In particolare, nel primo esecutivo di Giuseppe Conte, il 5 giugno 2018 votarono sì tutti i 109 senatori (tanti formavano allora il gruppo M5s a Palazzo Madama). Per il Conte bis, votato in Aula il 10 settembre 2019, si schierarono 106 pentastellati, mentre Gianluigi Paragone si astenne (all'epoca nei 5S, è stato espulso a inizio 2020) e altri due erano assenti. Uno di loro era Ciampolillo, protagonista a gennaio del voto in extremis a Conte pre crisi (ieri ha votato no).
Cosa succede ora
I “frondisti” rappresentano quasi un quarto del gruppo pentastellato. Ora si apre una divisione interna e non si esclude una scissione che potrebbe avvenire prima dell'annunciata espulsione. Questi numeri permetterebbero anche la formazione di un gruppo autonomo a Palazzo Madama.
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Ok di Rousseau: via a governance a 5 membri
Intanto ieri è arrivato anche il via libera definitivo da parte degli iscritti su Rousseau alla nuova governance collegiale del M5s. La votazione ha visto la netta prevalenza dei favorevoli, con una percentuale attorno all'80%. Sui 6 quesiti in media sono state espresse 11.514 preferenze. Il picco dei clic ha visto votare 11.947 attivisti su un parco iscritti di 119.721 membri. Con il sì di Rousseau cambia quindi lo Statuto del M5S. L’esito della votazione è stato accompagnato da un post dell’Associazione Rousseau: “Da oggi termina la reggenza della figura del capo politico”. E Barbara Lezzi ha subito preso di mira il reggente: “Ora non può più decidere nulla in nome e per conto del M5S”. Crimi ha replicato: “La mia funzione di reggenza non è conclusa e, interpellato in tal senso il garante Beppe Grillo, proseguirà fino a quando non saranno eletti i cinque membri del nuovo comitato”.
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