Covid19, ministro Speranza: "Se necessario ci saranno altre ordinanze"

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Il ministro della Salute ha spiegato al Fatto Quotidiano che "nelle prossime 48 vedremo i nuovi dati" delle misure adottate con l'ultimo dpcm nelle varie regioni. E con i governatori, aggiunge, "c'è un clima più confortevole, maggiore collaborazione" 

Le nuove restrizioni entrate in vigore il 6 novembre dopo la firma dell'ultimo dpcm del governo contro la pandemia da Coronavirus (GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - LO SPECIALE) potrebbero essere ulteriormente rafforzate. A dirlo, in un'intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, è il ministro della Salute Roberto Speranza. "Nelle prossime 48 ore vedremo i nuovi dati e, se necessario, ci saranno nuove ordinanze", ha spiegato.

"Il dpcm interviene su Regioni, non sulle province"

Le parole del ministro su possibili nuove ordinanze si riferiscono soprattutto a Liguria, Toscana, Veneto, Umbria e Campania. "Il Dpcm prevede che il ministro possa intervenire su una Regione, non su una Provincia - continua Speranza -. Ma sull’area metropolitana può intervenire il presidente De Luca, come ha fatto Zingaretti a Latina”. E sul monitoraggio attivo sul territorio regionale sottolinea che "stiamo svolgendo una funzione di supplenza nei confronti delle Regioni, che non si possono lamentare anche perché i dati vengono da loro. Nessuna trattativa, ma i tecnici del ministero si confronteranno con quelli delle Regioni".

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 "Se per tre settimane una Regione non dà i dati, diventa zona rossa"

I criteri a cui sono chiamate a rispondere le regioni sono 21 e, come ribadisce il ministro, "sono lì da 24 settimane: se per tre settimane una Regione non dà i dati diventa zona rossa”. Questi dati verranno poi incrociati con quelli dell'Iss per capire l'andamento del contagio. Dopo alcuni giorni di discussioni tra governatori e governo centrale, però, Speranza assicura che “c’è un clima più confortevole, maggiore collaborazione, anche loro capiscono che la situazione è grave”. Sotto la lente d'ingrandimento sono soprattutto i reparti dell'area medica, conclude il ministro, "non tanto le terapie intensive".

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