M5S: "Lega tiri fuori le palle e faccia dimettere Siri". Salvini: "Tappatevi la bocca"

Politica

Il leader dei 5 Stelle invita il collega di governo al "coraggio" e conferma il Cdm decisivo di mercoledì. Il vicepremier leghista: "Basta con gli insulti dagli alleati". E incalza: "I processi in Italia si fanno in tribunale e non in piazza"

A 48 ore dal Consiglio dei ministri chiamato a dirimere il caso Armando Siri (LE TAPPE), i toni tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini tornano a superare il livello di guardia. Allo stesso tempo, però, né la Lega né il M5S hanno alcuna intenzione di far cadere il governo sulla vicenda del sottosegretario (GLI AGGIORNAMENTI).

M5S sfida la Lega

La giornata inizia con un post sul blog del M5S nel quale si lancia il guanto di sfida a Salvini. "Sulla questione morale il M5S non fa passi indietro e alla Lega chiediamo di tirare fuori le palle su Siri e farlo dimettere". Interviene poi il leader del movimento: "E' bello fare il forte con i deboli, ma questo è il momento del coraggio", lo incalza Di Maio definendo "inutile" la sfida della conta in Cdm su Siri e prevedendo che alla fine, Salvini, non vorrà andare al voto sulla proposta di revoca di Conte. "Io non solleverò nessuna crisi di governo, se vogliono farlo loro, l'ultimo che ha sollevato una crisi su un indagato è Mastella", è la provocazione del leader M5S.

Cdm decisivo

L'appuntamento sul caso resta quello del Cdm di mercoledì, definito da molti "decisivo". La questione, dice di Maio, "non è l'inchiesta in sé ma il fatto che un sottosegretario abbia tentato di favorire un singolo con un emendamento. È la classica storia italiana. Il tema è quell'atteggiamento da casta per il quale siccome sei al governo ti senti in grado di favorire il singolo".

Salvini: ora basta, ultimo avviso

A Foligno, e poi a Roma, Salvini - in campagna elettorale permanente in questi giorni - quasi sbotta. "Gli amici dell'M5s pesino le parole. Se dall'opposizione insulti e critiche sono ovvie, da chi dovrebbe essere alleato no. A chi mi attacca dico tappatevi la bocca, lavorate e smettete di minacciare il prossimo. E' l'ultimo avviso", è l'ultimatum del vicepremier, piuttosto irritato anche per il silenzio degli alleati sulle minacce contro il titolare del Viminale contenute in alcune scritte comparse a Torino, Bologna e Roma. "Con la corruzione non ci si tappa la bocca, si parla e si chiede alle persone di mettersi in panchina", replica Luigi Di Maio. Ma su Siri la linea di Salvini non cambia: va atteso almeno il rinvio a giudizio. "I processi in Italia si fanno in tribunale e non in piazza", ribadisce il vicepremier.

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