Contrariamente a quanto ipotizzato, il premier non incontrerà lunedì 29 aprile il sottosegretario indagato. Al momento non è stato annunciato nessun altro appuntamento. Prosegue, nel frattempo, lo scontro tra M5S e Carroccio sulle dimissioni di Siri continua
Giuseppe Conte vuole concedere altro tempo ad Armando Siri. Il presidente del Consiglio avrebbe infatti deciso di accogliere le richieste formulate dalla Lega e di consentire al sottosegretario, indagato per corruzione, di prendersi il tempo di visionare le carte e incontrare i magistrati della Procura di Roma. È dunque "probabile" che l'annunciato incontro tra Conte e Siri non avvenga lunedì 29 aprile come previsto inizialmente. Al momento nessun altro appuntamento tra i due sarebbe stato fissato, fanno sapere fonti del M5S e della Lega. Anche il premier Conte, da Pechino, aveva auspicato un posticipo dell'incontro e a chi gli ha prospettato l’eventuale allontanamento del sottosegretario, Conte ha risposto: "Se mi dovessi convincere di questa soluzione non ci saranno alternative. Ho il potere? Lo vedremo, a tempo debito".
Il M5S chiede le dimissioni di Siri
Ma sulla "questione Siri" non si arresta la polemica tra i due partiti di governo. I pentastellati continuano infatti a chiedere un passo indietro del sottosegretario leghista, cui Danilo Toninelli ha già revocato le deleghe, ma il Carroccio insiste nel pretendere che Siri "resti lì dove sta". In giornata Luigi Di Maio è tornato a parlare delle dimissioni di Siri. Da Varsavia, dove si trova per stringere nuove alleanze in vista delle Europee, Di Maio ha detto: "Ci deve essere un chiarimento ai cittadini. Certamente Siri sarà riconosciuto innocente, ma si metta in panchina. Ci aspettiamo un passo indietro. La corruzione per noi è un tema fondamentale". In un post del Blog delle Stelle, Di Maio ha poi rispolverato i temi fondativi del Movimento, citando Gianroberto Casaleggio: "Gianroberto diceva che quando c'è un dubbio, non c'è nessun dubbio, soprattutto quando ci sono di mezzo la mafia e la corruzione". "Il cambiamento per noi è semplicemente il motivo per cui esistiamo", ha scritto il vicepremier, sottolineando che è per "dare un segnale inequivocabile che le cose non saranno mai più come prima, che la questione Siri non può essere snobbata".
La Lega difende il sottosegretario
Intanto, fonti leghiste hanno smentito le ricostruzioni di stampa secondo cui l'ideologo della flat tax sarebbe pronto a farsi da parte. "Pur provato dalle pressioni mediatiche, Siri non prende in considerazione questa ipotesi in alcun modo", ha detto chi ha avuto modo di parlargli in queste ore. Né sarebbe vero che il partito l'avrebbe mollato: la Lega - si riferisce - continua a sostenerlo e non ritiene opportuno alcun passo indietro. "Se qualcuno ha sbagliato pagherà", ha garantito Matteo Salvini in un'intervista alla Stampa. Ma "non mi basta certo un pezzo di intercettazione estrapolato da un verbale per dire che Siri ha delle responsabilità in questa storia. Me lo deve dire un giudice. Non i giornali". "Conte faceva l'avvocato, non il giudice", ha poi puntualizzato il capo della Lega. Da Pechino, è arrivata anche la replica del premier. "Sono d'accordo con Salvini e infatti l'ho dichiarato anche io: non sono un giudice. Non è certo con l'approccio del giudice che affronterò il problema", ha precisato Conte. Ma Salvini ha anche assicurato che, a suo giudizio, il governo non traballa sul "caso Siri": "Io parlo di vita reale. Non mi occupo di altro. In questo momento il resto del dibattito lo lascio ai giornalisti e ai giudici".