È scontro istituzionale dopo il no di Sergio Mattarella a Paolo Savona come ministro dell'Economia. Ma non è la prima volta che il Colle si oppone a un nome indicato dal premier incaricato: sono quattro i precedenti. GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE
Con il no del presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla nomina di Paolo Savona a ministro dell’Economia, si è aperto uno scontro istituzionale tra Colle e maggioranza parlamentare. M5S e Fratelli d'Italia evocano l'impeachment, la messa in stato d'accusa del presidente della Repubblica per alto tradimento. Forza Italia e Pd intervengono a difesa di Mattarella. Ma non è la prima volta che un capo dello Stato, applicando l’articolo 92 della Costituzione, rifiuti la nomina di un ministro proposto dal presidente del Consiglio incaricato. Sono quattro i precedenti, da Sandro Pertini nel 1979 a Giorgio Napolitano nel 2014. Ma ciò che rende senza precedenti quanto accaduto sulla nomina di Savona è che questa volta la maggioranza parlamentare non ha accettato di indicare un nome alternativo per il ministero. E per la prima volta si concretizza uno strappo istituzionale molto pesante.
Da Pertini a Napolitano, tutti i precedenti
Il primo precedente è datato 1979. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini rifiuta al premier incaricato Francesco Cossiga la nomina di Clelio Darida a ministro della Difesa. Nel 1994 lo scontro tra Colle e presidente del Consiglio è sul ministero della Giustizia: Silvio Berlusconi, al primo incarico da premier, propone Cesare Previti – che all’epoca era suo avvocato – per il ministero della Giustizia a Oscar Luigi Scalfaro. Il capo dello Stato si oppone e ottiene un nome alternativo: Alfredo Biondi. Previti viene “spostato” al dicastero della Difesa. Sempre sul ministero della Giustizia il terzo “no” di un presidente della Repubblica: le riserve dell’allora inquilino del Quirinale Carlo Azeglio Ciampi sono sulla nomina di Roberto Maroni, a causa dei processi in corso a suo carico per aver opposto resistenza a una perquisizione nella sede dell'allora Lega Nord. Maroni finì al Lavoro, e alla Giustizia fu nominato Roberto Castelli. L’ultimo precedente è molto recente e ancora una volta riguarda il ministero della Giustizia: nel 2014 Matteo Renzi, incaricato di formare un governo dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, propone il magistrato Nicola Gratteri, allora procuratore di Reggio Calabria. Napolitano si oppone con la motivazione che un magistrato in servizio non possa ricoprire l’incarico di ministro della Giustizia. Al suo posto viene proposto e nominato Andrea Orlando.