Referendum autonomia, Salvini: "Un'opportunità". Martina: "Propaganda"

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Per il leader leghistai quella del 22 ottobre sarà "un'occasione per 10 milioni di lombardi". Critico il ministro delle Politiche Agricole: "Spesi 50 milioni di euro". Il Pd milanese denuncia: 4% dei tablet non funziona. Si vota dalle 7 alle 23. Incognita sull'affluenza

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Non si fermano le polemiche fra sostenitori e contrari ai due referendum sull’autonomia che si terranno in Lombardia e Veneto il 22 ottobre. Alla vigilia del voto, il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, parla di "un’opportunità trasversale", per milioni di italiani. Il suo partito è stato il promotore della consultazione e per Salvini questa "sarà l’occasione per avere più competenze, più risorse", come ha ricordato dal Forum Coldiretti di Cernobbio. Mentre si è dimostrato critico il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, che ha parlato di "propaganda leghista". Intanto, secondo il suo partito - il Pd -, in Lombardia sarebbero già emersi dei problemi sul voto elettronico, sperimentato per la prima volta in Italia in quest’occasione.

Come si vota e per cosa

Quella del 22 ottobre è una consultazione in cui gli elettori sono chiamati a decidere se vogliono, oppure no, che si avviino iniziative istituzionali da parte della Lombardia e del Veneto per poter richiedere allo Stato maggiori condizioni di autonomia. I seggi saranno aperti dalle 7 alle 23, con quasi 12 milioni di persone chiamate al voto. Sono 7,9 milioni gli elettori lombardi e poco più di 4 milioni quelli veneti. Per votare bisogna recarsi nel seggio indicato sulla tessera elettorale, dove basta presentare un valido documento di identità. Il referendum è consultivo e in Lombardia non è previsto il quorum, mentre nel Veneto sì: nello specifico, affinché il referendum abbia esito positivo dovrà partecipare la maggioranza degli aventi diritto e il 50% dei voti espressi dovrà essere favorevole al quesito. In entrambi i casi, un dato importante sarà quello dell’affluenza: se sarà alta e se vincesse il "sì", i governatori leghisti di Lombardia e Veneto, Roberto Maroni e Luca Zaia, avrebbero un maggiore potere di trattativa con Roma. L’esito del voto non è comunque vincolante, la giunta regionale in carica o quella che subentrerà con le successive elezioni non sono obbligate a portare avanti la richiesta di maggiore autonomia.

Salvini: "Se gente non vota significa che non desidera più autonomia"

In questo scenario, la Lega Nord, il Movimento 5 Stelle e quasi tutto il centrodestra sono favorevoli a una maggiore autonomia. "Andrò a votare sì", ha spiegato Salvini, che ha anche ricordato: "Se la gente non andrà a votare significa che non desidera più autonomia: noi continueremo a governare bene le Regioni come abbiamo fatto in questi anni". Mentre Maroni ha garantito che con Roma vuole "trattare subito". Questa è la stessa linea che, in caso di vittoria del "sì", adotterà Zaia che, in un’intervista al Corriere della Sera, ha voluto anche sottolineare che se non si raggiungerà il quorum lui non si dimetterà.

Martina: "Propaganda leghista"

Buona parte del Pd ritiene, invece, che lo strumento del referendum sia inutile. "Sono per una via concreta di discussione con lo Stato, sinceramente, non mi ha convinto questa propaganda leghista", ha detto Martina da Cernobbio, "faccio notare che il referendum nasce nel 2015 e guarda caso arriva a qualche mese dal voto. Si facessero delle domande per capire quanta propaganda c’è in questa iniziativa". "Chi vuole il federalismo vero", ha aggiunto, "poteva lavorare senza spendere 50 milioni di euro come è accaduto in Lombardia e quindi arrivarci prima spendendo meno". I costi della tornata referendaria per i lombardi si aggirano tra i 50 e i 55 milioni di euro, secondo le stime, mentre per il Veneto la cifra è intorno ai 14. 

Il voto elettronico in Lombardia

Quella del 22 ottobre sarà anche la prima volta in cui si userà il voto elettronico in Italia. Succederà, però, solo per la Lombardia. In Veneto, invece, utilizzerà le tradizionali schede di carta. I lombardi, arrivati al seggio, si troveranno davanti a un tablet - ne sono stati acquistati oltre 24mila -  su cui dovranno scegliere tra tre possibilità di voto: sì, no o scheda bianca. Non è contemplata l’opzione della scheda nulla. In una terza schermata si può confermare o cambiare il voto, perché è possibile correggerlo una sola volta. A vigilare sul funzionamento sono previsti 6.700 "assistenti digitali" incaricati dalla Smartmatic, la società olandese che ha vinto il bando regionale per l'e-voting. Per evitare il rischio di attacchi informatici o blackout, i tablet non saranno collegati a Internet né alla corrente elettrica. 

Bussolati, Pd: "4% delle voting machine non funziona"

Ma sull’utilizzo dei nuovi dispositivi tecnologici sono arrivate le critiche del Partito democratico. Gli uffici elettorali comunali lombardi hanno "già evidenziato che, statisticamente, il 4%" delle voting machine "non funziona". A sostenerlo è il segretario milanese del Pd, Pietro Bussolati, in una nota diffusa alla vigilia del referendum. "Altro che tablet", si è lamentato Bussolati, si tratta di "scatole nere più simili a registratori di cassa collegati a chiavette usb che memorizzeranno il voto degli elettori". Per il segretario milanese quindi "si renderà necessario l'intervento di tecnici specializzati che tenteranno di recuperare i voti salvati sulla memoria della macchina. Irraggiungibili on line anche i video tutorial per i presidenti di seggio, lasciati soli e privi quindi di un’adeguata formazione".

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