Il 22 ottobre i cittadini delle due Regioni sono chiamati alle urne per decidere se sono favorevoli all’avvio di negoziati con lo Stato per ottenere maggiori competenze. Dagli orari alle modalità di voto: ecco tutto quello che c’è da sapere sulla consultazione. SCHEDA
Il 22 ottobre i cittadini di Lombardia e Veneto sono chiamati alle urne per il referendum consultivo per l'autonomia. Si tratta di una consultazione nella quale viene chiesto agli elettori se desiderano che la propria Regione intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. L’esito del referendum non sarà vincolante ma potrà avere un notevole peso politico. Ecco tutto quello che c’è da sapere: dagli orari alla novità del voto elettronico, dai quesiti agli schieramenti.
Come si è arrivati al referendum
L’articolo 116 della Costituzione, modificato con la riforma del 2001, prevede che le Regioni possano richiedere allo Stato maggiori competenze (elencate nel successivo articolo 117) oltre a quelle ordinarie che già spettano in base al Titolo V sui rapporti tra Roma e autonomie locali. Roberto Maroni e Luca Zaia, governatori di Lombardia e Veneto, entrambi della Lega, sono stati i motori del referendum a cui sono arrivati in modi diversi.
L’iter in Lombardia e Veneto
In Lombardia la proposta di indire un referendum sull'autonomia è stata approvata nel 2015 ma solo tra maggio e luglio di quest’anno sono stati firmati i decreti che hanno fissato data e quesito. Il Veneto, invece, nel 2014 ha approvato due leggi che istituivano una consultazione referendaria di cinque quesiti sull’autonomia e una parallela sull’indipendenza della Regione. Lo Stato ha impugnato le leggi chiamando in causa la Corte costituzionale che le ha bocciate quasi in toto dichiarandole illegittime, tranne che per un solo quesito sull’autonomia, quello su cui è stato formulato il referendum del 22 ottobre. Il presidente Zaia ha fissato la data scegliendo simbolicamente lo stesso giorno del “plebiscito del Veneto” del 1866, che sancì l’unificazione delle province venete e di quella di Mantova al Regno d’Italia.
Quando e come si vota
Le urne per il referendum consultivo saranno aperte dalle ore 7 alle 23 di domenica 22 ottobre. Possono votare tutti gli iscritti alle liste elettorali delle due Regioni e non sarà possibile farlo dall’estero. Le modalità di voto saranno diverse: il Veneto utilizzerà le tradizionali schede di carta mentre la Lombardia sperimenterà per la prima volta il voto elettronico. Per votare basterà portare la carta d’identità al seggio indicato sulla propria tessera elettorale. Il Viminale non considera questo referendum come un’elezione di valenza nazionale, dunque non sarà apposto alcun timbro sulla tessera elettorale e non sarà necessario esibirla. I neo-maggiorenni o coloro che hanno spostato da poco la residenza non riceveranno a casa la tessera elettorale ma solo una comunicazione ufficiale che li informerà su quale sarà il proprio seggio.
Il voto elettronico in Lombardia
Grazie ad un emendamento voluto dai consiglieri regionali del M5s, la Lombardia sperimenterà per la prima volta in Italia il voto elettronico. Ai seggi, gli elettori troveranno dei tablet. La Regione ne ha acquistati 24mila, che saranno distribuiti nei circa 8mila seggi e dopo il voto rimarranno in comodato d’uso alle scuole fino alla prossima elezione. La spesa complessiva per gli apparecchi è stata di circa 23 milioni di euro. I cittadini riceveranno a casa una comunicazione regionale con le istruzioni per usare i tablet nell'urna. Sullo schermo sarà riprodotto il quesito e tre caselle: SI, NO, BIANCA. Non è possibile l’opzione della scheda nulla. Toccando una delle tre caselle comparirà la croce, con la possibilità di cambiare idea e toccarne un’altra. Premere la scritta VOTA equivarrà invece all’aver depositato la scheda nell’urna. Inoltre è previsto un sistema di sicurezza che garantirà l’anonimato: l’orario di voto non verrà tracciato.
I quesiti
Il quesito proposto agli elettori è diverso nelle due Regioni, ma nessuno contiene riferimenti secessionisti. Quello del Veneto è conciso e recita: “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”. In Lombardia, invece, la domanda sulla scheda è più articolata. Questo il testo che i cittadini si troveranno davanti sul tablet: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?”.
Il quorum
Essendo un voto consultivo, per il referendum lombardo non è previsto un quorum, cioè un numero minimo di votanti affinché la consultazione sia ritenuta valida. A prescindere da quante persone avranno partecipato ci sarà la vittoria dei SI oppure dei NO. In Veneto, invece, affinché il referendum abbia esito positivo dovrà partecipare la maggioranza degli aventi diritto e il 50% dei voti espressi dovrà essere favorevole al quesito. In entrambi i casi l’affluenza sarà importante a livello politico per capire la forza di Maroni e Zaia negli eventuali negoziati con Roma. L’esito del voto non è vincolante: la giunta regionale in carica o quella che subentrerà con le successive elezioni (la Lombardia vota nel 2018) non sono obbligate a portare avanti la richiesta di maggiore autonomia.
Le posizioni politiche
La spinta politica più forte a favore del referendum si deve alla Lega, che ha trovato il sostegno di tutte le forze di centrodestra. Anche il centrosinistra ritiene necessario ampliare l’autonomia regionale ma non è d’accordo sullo svolgimento di una consultazione, ritenuta superflua, dal momento che la Costituzione non richiede l'indizione di un referendum per poter avanzare al Parlamento proposte di maggiore autonomia. Il Pd lombardo non ha dato indicazioni di voto ma numerosi amministratori locali si sono detti favorevoli. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha dichiarato che voterà SI, così come il primo cittadino di Bergamo Giorgio Gori. Il segretario nazionale Matteo Renzi ha parlato di “referendum inutile, ma capisco chi vota sì”. Anche il M5s ha appoggiato il referendum. Contrario invece il leader di Campo Progressista Giuliano Pisapia che ha annunciato che voterà NO dicendo che la consultazione “è una presa in giro”.
Cosa succede se vince il SI
Una eventuale vittoria del SI non farebbe diventare in automatico autonome Lombardia o Veneto. Ma autorizzerebbe Zaia e Maroni ad avviare una trattativa con Roma per ottenere nuovi livelli di autonomia in ambito legislativo, amministrativo e finanziario, sul modello delle Regioni a statuto speciale. I due governatori puntano soprattutto a ridurre il residuo fiscale, cioè a mantenere sul proprio territorio una parte più sostanziosa del gettito anziché doverlo girare allo Stato. Maroni ha detto che, con la vittoria del SI, la priorità sarà "tenere i nostri soldi. Il mio obiettivo è trattenere almeno il 50% del residuo fiscale, 27 miliardi di euro all'anno in più” ha detto il governatore annunciando che chiederebbe anche più competenze su “immigrazione, ordine pubblico e sicurezza”. Il Veneto, invece, in caso di raggiungimento del quorum, potrà procedere entro 90 giorni all'esame in consiglio regionale dell'argomento referendario presentando un programma di negoziati e un ddl da portare a Roma. Queste eventuali modifiche, concordate con lo Stato dopo il negoziato, andrebbero poi portate in Parlamento con una proposta di legge che dovrebbe essere approvata a maggioranza assoluta.