Legge elettorale, Renzi: "Cinque partiti e stop ai veti dei piccoli"

Politica
Foto d'archivio (LaPresse)
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L'ex premier, dopo l'approvazione de sistema tedesco della direzione Pd, torna a parlare della soglia di sbarramento al 5 per cento, senza la quale "non c'è più accordo". E ribadisce: “Non andare a votare vuol dire non avere un sistema democratico”

Continua il dibattito sulla nuova legge elettorale. Il 30 maggio la proposta di adottare in Italia un sistema elettorale ispirato a quello tedesco è stata approvata dalla direzione del Pd e su quest'opzione sembrano convergere anche Forza Italia e M5S. Con l'applicazione di un sistema simile a quello usato in Germania (LA SCHEDA), e che preveda uno sbarramento al 5 per cento, il numero di partiti verrebbe ridotto e proprio su questo nodo si è acceso il confronto.  Sulla questione è tornato anche Matteo Renzi, il 31 maggio, a ‘Ore Nove-Il punto della giornata', l'approfondimento a cura del Patito democratico. "Con il tedesco entrano in quattro, massimo cinque forze parlamentari”, ha ricordato il segretario del Pd, “è un meccanismo che riduce il numero dei partiti ed elimina il potere di ricatto e veto dei piccoli, è un fatto positivo, capisco che tanti piccoli non sono contenti, è umano ma prima viene l'interesse dell'Italia”.  

L'esclusione dei piccoli partiti e la soglia del 5 percento

Per Renzi, inoltre, senza la soglia di sbarramento del 5 per cento “non c'è più accordo sul tedesco". È questo uno dei punti irrisolti tra i favorevoli al meccanismo elettorale e i contrari, come Ap, che vorrebbe abbassare la soglia al 3. Negli scorsi giorni, Angelino Alfano, a questo proposito, aveva ricordato che “le posizioni sono distanti sia sul tema della legge elettorale sia sul tema della durata della legislatura”. E aveva spiegato: “Ci uniremo ad altri e supereremo la soglia del 5 per cento“ .

La manovra e l'ipotesi del voto anticipato

Renzi si è espresso anche sui tempi del voto: “Non mi pongo il tema di quando si vota ma non andare a votare vuol dire non avere un sistema democratico”, ha spiegato, ricordando che si andrà alle urne “a Malta poi in Gran Bretagna, a settembre in Germania, poi in Austria. E tutti hanno le stesse regole e non hanno il problema di mandare la legge di stabilità in Ue". Il segretario del Pd ha anche avvertito che la “cultura dell’austerity” non serve, ma bisogna pensare alla manovra: “Sei mesi prima o dopo sulla data delle elezioni non cambia niente, ma la manovra va fatta e noi lavoreremo insieme a Gentiloni”. Lo stesso premier italiano, durante un incontro con il primo ministro canadese Justin Trudeau, aveva sostenuto che “il governo è nella pienezza dei suoi poteri e ha degli impegni che intende mantenere”, rispondendo alle ipotesi di un voto anticipato in autunno.

 

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