Via libera o bocciatura entro 70 giorni a provvedimenti che il Governo considera essenziali per l’attuazione del suo programma
L’articolo 72 della riforma costituzionale oggetto del prossimo referendum (LO SPECIALE) introduce l’istituto del “voto a data certa”. Di cosa si tratta? Della possibilità per il governo di richiedere una via preferenziale per l’esame di un disegno di legge considerato importante per l’attuazione del suo programma. La Camera avrà 5 giorni di tempo per votare a favore o contro la richiesta dell’esecutivo; in caso favorevole, entro 70 giorni dovrà decidere se approvare o respingere il provvedimento.
Limitare la decretazione d’urgenza - L’obiettivo è regolamentare l’iniziativa legislativa del governo e limitare l’abuso dei decreti-legge, cui troppo spesso negli ultimi decenni i vari esecutivi hanno fatto ricorso per trovare una scorciatoia ai tempi lunghi degli iter parlamentari. I decreti infatti producono un effetto immediato e devono essere convertiti in legge entro 60 giorni. Nelle ultime due legislature sono stati emanati 197 decreti, una media di ben due al mese, in contraddizione con la loro natura di necessità e urgenza.
Trasparenza e certezza - Con i disegni di legge a data certa si centrano poi altri due obiettivi: la trasparenza del processo decisionale e la certezza del diritto. I decreti-legge, infatti, producono da subito effetti giuridici, non appena vengono approvati dal governo e firmati dal presidente della Repubblica. Solo dopo il Parlamento può discuterli ed eventualmente modificarli, con la conseguenza che per due mesi – il tempo per la conversione in legge – è possibile che resti in vigore una norma destinata poi a essere modificata. Situazione che crea e ha creato una grande incertezza del diritto.
Esclusioni - Sono escluse dal “voto a data certa” le leggi bicamerali, le leggi elettorali, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, le leggi che richiedono maggioranze qualificate.