Scorte, Fini alla Cancellieri: “Non voglio più privilegi”

Politica

Il presidente della Camera, in una lettera a Repubblica, chiede al ministro di “cambiare subito le regole della protezione”. Un modo per dare un taglio alle polemiche scatenate da Libero, che lo ha attaccato sul costo dei suoi uomini in vacanza

"Chiedo pubblicamente al ministro Cancellieri di intervenire subito, nelle modalità che riterrà più opportune, per consentirmi di non godere più di un privilegio legale". In una lettera aperta a la Repubblica il presidente della Camera Gianfranco Fini lancia un appello al ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri per evitare che la scorta si trasformi per lui in una "corte" che lo "omaggia". Una lettera che arriva dopo l’intervista-colloquio al ministro pubblicata su Repubblica il 15 agosto in cui la Cancellieri aveva parlato di spreco e di regole da cambiare, chiamando in causa anche se non esplicitamente il caso sollevato dal quotidiano Libero, che ha attaccato Gianfranco Fini sul costo della scorta che dovrebbe vigilare su di lui quando è in vacanza nei pressi dell'Argentario, parlando di 80 mila euro per nove stanze d'albergo. Parole che avevano scatenato la dura reazione di Italo Bocchino (“il ministro è inadeguato al ruolo”) censurato dallo stesso Fini.

Il presidente della Camera cerca dunque di dare un taglio alle polemiche scatenate dal "fango dell'inchiostro" e chiede anche "ai tanti esponenti politici scortati di far sentire la loro voce e di agire. Non contro Belpietro (che ovviamente ha la scorta) - tiene a precisare - ma contro quel muro di gomma e di ipocrisie che fa sì che in Italia cambiare le cose sia impossibile, a tal punto che perfino per vivere senza essere scortati pur non avendolo mai chiesto, occorre un trattamento di favore, una vera e propria raccomandazione!". "Può apparire una piccola questione", insiste il presidente della Camera, "ma a ben vedere non lo è, perché dietro all'estetica della scorta c'è la credibilità della nostra democrazia e la sua capacità di migliorarsi".

Fini punta poi il dito contro "il silenzio distratto del mondo politico istituzionale, con le sole eccezioni del presidente Schifani e dell'onorevole Casini" sulla vicenda sollevata da Libero. E spiega: "Intendiamoci bene. Non chiedo nessuna solidarietà. Non ne ho alcun bisogno perché è certo e incontestabile che nella organizzazione del servizio di scorta alla mia persona non ho avuto alcun ruolo dipendendo tutto esclusivamente dagli uffici del Viminale. E' una verità, una regola, che vale per il presidente della Camera come per i tanti esponenti istituzionali e politici per cui si ritiene necessario predisporre, e non è certo l'interessato a farlo, misure più o meno rigide di scorta e di sicurezza. Non credo che gli onorevoli Alfano, Bersani, Di Pietro, Maroni - solo per citare i segretari di partito - si siano compiaciuti leggendo le falsità di Libero sul mio conto. Però mi chiedo: possibile che non abbiano pensato che quando si scrivono falsità così volgari per mettere qualcuno alla berlina quale 'satrapo della casta e sperperatore di pubblico denaro' si alimenta un sentimento giacobino di delegittimazione di tutta la politica?".

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